Signora, dica trentatré!

Signora, dica trentatré. La storia del trentatreesimo scudetto juventino comincia a Verona, nel mezzo d’un pomeriggio di mezza estate, con gli stessi uomini che di scudetti ne avevano vinti tre di fila, ma senza il Generale che quegli uomini li aveva condotti a quei trionfi.

In panchina adesso c’è Allegri, uno che di scudetto se n’è appuntato sul petto già uno ai tempi del Milan, ma che nessuno, tranne evidentemente Andrea Agnelli che lo ha scelto, pensa sia in grado di ripetersi in bianconero. L’esordio è da tre punti, basta un autogol.

Alla terza è già Milan-Juve, Allegri contro il suo passato, Tevez contro Menez. Segna l’Apache, vince la Juve. 5 ottobre 2014, prima sfida scudetto allo Stadium. Succede di tutto, Rocchi perde il controllo del match prima ancora del fischio d’inizio. Due rigori per la Juve, uno per la Roma e il gol-partita di Bonucci forse viziato da fuorigioco.

Totti e Garcia gridano al complotto, tirano in ballo “Er Sistema”, ma sono scuse. La verità la dice il campo: la Roma si proclama grande, ma non lo è ancora. Il nuovo anno si apre con i pareggi contro Samp e Inter, ma la Lupa non ne approfitta e così, al giro di boa, la Juventus è davanti, campione d’Inverno.

Lo scontro diretto del 2 marzo, taglia definitivamente le gambe ai giallorossi, che restano a -11 e realizzano che è meglio cominciare a guardare negli specchietti retrovisori per difendere la seconda piazza dagli assalti di chi sta dietro anziché ostinarsi a rincorrere un primo posto ormai irraggiungibile.

Il traguardo è a un passo, ma la Juve quel passo sembra non volerlo compiere con troppo anticipo, quasi provasse pena per un campionato moribondo da tempo al quale soltanto ieri ha deciso di staccare la spina.