Non evoluto risponde
Pippo, così non va: una sola vittoria nelle ultime cinque partite. E il tecnico ha le sue colpe…
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10 anni agoon
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Redazione“Dopo il gol di Menez, pensavo fosse fatta” ha dichiarato nel post partita Filippo Inzaghi, commentando il pari strappato dai suoi al Torino nella trasferta dell’Olimpico andata in scena ieri sera. Parole francamente spiazzanti, per un semplice motivo: può un allenatore in lotta per il terzo posto accontentarsi di un gol segnato nei primi quattro minuti e rinunciare totalmente a giocare contro una squadra, ostica sì, ma non certo irresistibile?
La domanda, ovviamente, è retorica, e la risposta -in ogni caso- l’ha già data il campo. Sì, perchè quando il Milan ritorna da Torino con il 36% di possesso palla (contro il 64% dei granata), un solo tiro importa, per giunta su rigore (contro i sei degli avversari) e appena 5′ e 11″ di superiorità territoriale (16′: 03″ quelli degli uomini di Ventura), allora qualche domanda è lecito farsela.
A partire dall’atteggiamento di un allenatore che, nonostante la buona volontà e l’indubbio attaccamento ai colori rossoneri, sembra più che altro un apprendista del mestiere, non avendo ancora trovato la quadratura del cerchio dopo mesi di lavoro, che -fino a questo momento- stanno evidenziando tutti quei limiti in fatto d’esperienza che erano ampiamente prevedibili già ad inizio stagione.
E lo si vede già a partire dalle sopra citate dichiarazioni. Ripetiamo: può una squadra sentirsi la vittoria intasca dopo appena 4′? Che tipo di messaggio si dà ai propri giocatori dopo una dichiarazione del genere? Un messaggio evidentemente sbagliato, se è vero che i rossoneri -pur avendo sulla carta un tasso tecnico decisamente maggiore rispetto agli avversari- si sono fatti letteralmente surclassare per i restanti 86′. Senza mai reagire, o nemmeno provare a farlo. E chiudendo con un modulo 5-4-0, prima volta nella ultracentenaria storia rossonera…
Senza contare che la squadra denuncia enormi limiti di concentrazione e di fiducia, dovuti (probabilmente) anche alla mancanza di una gerarchia interna per i ruoli: basti pensare che, nel corso delle ultime partite, la formazione titolare non è mai rimasta la stessa per due gare di fila, nonostante segnali incoraggianti dati sul campo da alcuni giocatori (Zapata e Poli, giusto per fare due nomi, cui ieri sono stati preferiti i disastrosi Rami e Muntari).
C’è poi il capitolo El Shaarawy. Qui c’è qualcosa che non quadra: che senso ha caricare a mille il Faraone ad ogni conferenza stampa (“Il 2015 sarà il suo anno, etc. etc.) se poi lo si mette regolarmente in panchina ad ogni piè sospinto? Come se poi non si conoscessero i limiti mentali e la fragile psicologia del numero 92…
Infine, ci sono i numeri, che inchiodano Pippo e il suo Milan: nelle ultime cinque partite il Milan ha vinto solo una volta (contro il Napoli), pareggiato due (Roma e Torino) e perso due (Genoa e Sassuolo), per un totale di 5 punti in altrettante gare. Numeri non certo da lotta per il terzo posto, in virtù anche di un calendario piuttosto agevole, se si escludono le partite contro Roma e Napoli che -paradossalmente- sono quelle in cui il Milan si è comportato meglio.
Insomma, serve un cambio di rotta evidente e repentino: fare l’allenatore -beninteso- è il mestiere più difficile del mondo, ma Inzaghi deve assolutamente trovare l’assetto giusto per il suo Milan in tempi brevi, a partire dagli undici titolari. Altrimenti anche il 2015 finirà tra gli anni gettati alle ortiche nella difficile ricostruzione rossonera…
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