Il Moviolone
Atletica Leggera – Giornata in memoria di Fulvio Costa
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10 anni agoon
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RedazioneNessuno, tra chi avesse avuto la fortuna di vederlo dal vivo, si sarà mai scordato dell’incredibile talento e della classe innata del mezzofondista veneto Fulvio Costa, la cui tragica fine è ancora una ferita aperta e mai dissoluta.
Nato a Cogollo del Cengio (VC) il 9 Novembre 1959, ottenne ottimi riscontri cronometrici nelle categorie Allievi e Juniores sui 1500 e sui 3000 metri e nel 1979 stabilì a Bruxelles il proprio primato assoluto sulla distanza più breve in un ottimo 3’37″8, oltre al mitico record italiano tuttora imbattuto con la staffetta 4×1500 metri della Pro Patria-Az Verde insieme a Carlo Grippo, Gaetano Erba e Vittorio Fontanella in 14’59″1 a Bergamo.
Poi, assieme a tutti gli altri atleti tesserati per i gruppi militari, fu costretto a boicottare i Giochi Olimpici di Mosca 1980, nella stagione in cui aveva vinto il titolo nazionale indoor sui 3000 metri, due anni dopo rispetto a quello ottenuto sui 1500 metri all’aperto.
Infine, il 9 Febbraio 1982 trionfò ai campionati italiani indoor di Torino sui 1500 metri e, poco dopo, venne ricoverato all’Ospedale San Bortolo di Vicenza, ufficialmente a causa di un morso del suo cane. Spirò il 29 Maggio dello stesso anno.
Oggi, alla Biblioteca comunale di Cogollo del Cengio si è tenuta una cerimonia commemorativa nei suoi confronti per non dimenticare la storia di questo ragazzo morto prematuramente, forse per motivi ben diversi rispetto a quello ufficiale. Difatti, in un’epoca in cui iniziava a imperversare la pratica dell’autoemotrasfusione (vietata dal 1985), i sospetti maggiori riguardano la possibilità che anche lui vi si fosse sottoposto e alcune prove e testimonianze porterebbero a seguire questa strada. Difatti, riprendendo l’articolo di Carlo Bonini apparso sul Corriere della Sera il 29 Ottobre 2000, intitolato: “Indagine sulla morte di un atleta“, scopriamo come poco prima di morire avesse detto al presidente Ceroni della Fiamm Vicenza (sua squadra di origine): “Che hanno fatto al mio sangue?”; inoltre, il valore di ematocrito era in caduta libera, essendo passato dal 50% (valore alto) al 16% prima del decesso, con una oscillazione tipica di diversi atleti che, in anni successivi, avrebbero assunto Epo; infine, la Sportas (assicurazione stipulata dal CONI con ogni atleta) pagò alla sua famiglia il premio assicurativo di 50 milioni di Lire, dovuto solo ai deceduti o agli infermi durante l’attività agonistica e, dunque, non sarebbe dovuto essere questo il caso. Detto ciò, il professor Sandro Donati in “Campioni senza valore”, cita in più occasioni la vicenda di Costa, riportando alcune testimonianze e raccontando come il professor Conconi avesse sempre negato di aver causato lui la fine del ragazzo.
Riccardo Tempo dal sito: http://worldsports1987.com
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