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Editoriale Roland Garros – Il volo del Rapace
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10 anni agoon
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RedazioneIl Djoker si è anche divertito. Ha bluffato tutto l’incontro come i migliori giocatori sanno fare, alla fine ha calato l’asso di spade e svuotato il piatto, quello della vittoria, contro un avversario dal sicuro avvenire, Milos Raonic. Sebbene il punteggio dica 7-5, 7-6, 6-4 Novak Djokovic ha stravinto concedendo due sole palle break al canadese-montenegrino: la prima nel secondo set vinto al tie-break (nel suo momento peggiore di gara segnato da tre errori consecutivi di dritto) e l’altra quando ormai tutto era compromesso. Nole ha scherzato Raonic mettendo in mostra i suoi migliori colpi accademici, quelli che valgono il prezzo (caro) del biglietto: folgore di dritto, drop-shot e pallonetto.
Raonic si è anche arrabbiato per questo trattamento da impubere. Talmente tanto da strappargli la battuta nella seconda palla break cui accennavamo; ma la partita era ormai andata, Djokovic stava già pensando a che shampoo utilizzare sotto la doccia. Il canadese, testa di serie n.8 di questo Slam, è sopravvissuto per merito della prima di servizio, colpita con regolarità sopra i 200 orari: il problema è che dall’altra parte c’era il miglior ricevitore al mondo, un atleta dotato di una straordinaria elasticità muscolare amplificata dallo yoga e da una dieta che non prevede zuccheri e cibi glutinati, come confessato nella autobiografia di successo “Il punto vincente”.
L’altro quarto di finale ha reso un risultato più giusto di quello appena analizzato. Ernest Gulbis ha battuto Tomas Berdych in un match vissuto senza troppi sussulti: il ceco ha dato l’impressione di non voler vincere i punti importanti del match, perché non supportato da una prima di servizio oggi altalenante (50%). Quando poi cercava di variare gli scambi cadeva nell’errore di giocare sempre sul rovescio dell’avversario, il colpo migliore, che puntualmente lo fulminava con dei cross strettissimi. A Parigi Gulbis sta attraversando il miglior momento di carriera, animato da un grande entusiasmo e con la testa sgombra da qualsiasi responsabilità.
Stilisticamente il tennista léttone è da studiare in due frangenti particolari: il primo è il servizio. Potente, vero, perché siamo sempre attorno ai 210 orari: ma piuttosto buffo perché caricato con un “Ohhh…” d’attesa che lascia presagire l’ace. In secondo luogo, il suo dritto ha un’apertura originale, unica nel suo modo: con le “open stance” moderne (cioè le aperture del corpo nel momento dell’impatto della palla), il braccio sinistro tende avere un impiego marginale perché segue l’andatura del suo omologo destro. Come due lame parallele di una falciatrice. Ebbene, Gulbis inverte questa andatura con una stance longitudinale rinvenibile solo nel servizio di Del Potro: dopo il lancio di palla, l’argentino blocca schiena e spalle, aperte quasi in segno di misericordia verso il cielo. Solo che Gulbis sembra più un rapace che apre l’ala, anzi lui è il Rapace.
Alessandro Legnazzi
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