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Editoriale – Roland Garros: Au revoir monsieur Federer
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10 anni agoon
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RedazionePosto che con questo articolo non risolveremo il conflitto contemporaneo fra pretoriani e boia di Roger Federer, ci inoltriamo ad analizzare la sconfitta del tennista svizzero contro Ernest Gulbis. Non era prevista anche se, ça va sans dire, di questi tempi d’imprevedibile c’è ben poco. Federer, 33 anni il prossimo 8 agosto, ha tenuto testa per cinque set al lettone, 26 anni il 30 agosto. Il vecchio leone, anche in senso zodiacale, sa ancora ruggire. Il problema è che la terra battuta non gli è mai stata amica: “Penso ad Halle e Wimbledon, due tornei che mi hanno sempre regalato delle emozioni” ha confessato a fine gara.
L’erba è il suo regno e la storia del major londinese gli gioca a favore: Jaroslav Drobny, elegantissimo giocatore che a cavallo degli anni ‘40-’50 entrava in campo col bavero e gli occhiali, lo vinse per la prima volta a 32 anni; Ken Rosewall, dopo undici anni di discriminazione dovuta all’essere professionista, raggiunse la sua ultima finale (1970) a 36 anni, con la racchetta ideata da Lacoste. Federer può vincere Wimbledon per l’ottava volta? Difficile, perché davanti a lui ci sono due giocatori, Nadal e Djokovic, che lo possono battere regolarmente. Non è il momento di campare pronostici, è giunto il tempo di bilanciare e ponderare il proprio futuro.
Federer è un vincente nato e siamo certi che non gli piace essere battuto da un giocatore che in dieci vite non vincerà mai tanto quanto lui. Il peggior nemico di Federer è Federer stesso, o meglio, le partite che si protraggono nel tempo: a Montecarlo ha ceduto al connazionale Wawrinka in un terzo set chiuso boccheggiando, due mesi dopo perde 6-3 al quinto degli ottavi dell’Open di Francia. La condizione atletica è migliorata ma i risultati no. Non esistono sport che a 32 anni ti obbligano a stare in campo per quasi quattro ore con una concentrazione e freddezza incrollabile, a tirare sempre forte e preciso; Federer è un grande senatore che sta correndo il rischio di macchiare di compassione un’onorevole carriera.
Così dopo Chardy a Roma, Gulbis a Parigi diventa l’ennesimo provinciale a guadagnarsi la ribalta. Non che Ernest sia nuovo a questa impresa perché Federer lo regolò già nel 2010 al Foro Italico, quando si presentò con la stimmate del grande, rivelatasi poi un grande bluff. Sembra un secolo ma sono passati solo quattro anni. A Gulbis va riconosciuto il merito di aver battuto il campione svizzero con un tennis intelligente, sebbene interrotto con gravi momenti d’appannamento, dentro un Chatrier che inneggiava il solo nome di Rogér. Con quella vocale naturalmente accentata che solo i francesi pronunciano. Au revoir, monsieur.
Alessandro Legnazzi
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