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Editoriale Parma – La domenica del villaggio
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11 anni agoon
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RedazioneLa domenica del villaggio.
Quella di fine campionato, che sa di estate e di festa.
Quella festa che inizia fuori dallo stadio, con gli appuntamenti tra sedi del tifo e antistadio, per lo scambio di gagliardetti, bandiere, strette di mano, pane e salame.
Quella che rimette in pace con il calcio, dopo che la notte prima lo ha trasformato in una guerra per chi ha in odio il mondo la politica e la crisi e lo sfoga contro chi vorrebbe solo festeggiare per una coppa in arrivo.
Parma e Sampdoria, prima che una partita blanda e non bella che il Parma ha portato a casa con le reti dell’ex amato e innamorato della Doria, Cassano, unanimemente applaudito, e di Schelotto, senza quasi accorgersene, perchè la Samp poco ha da pretendere da questa stagione, perchè in cielo a guardare c’era Vujadin da salutare, perché la guerriglia della notte prima seppur lontana era ancora troppo vicina, hanno regalato una festa di calcio.
Di un gemellaggio di tifo più che ventennale, sempre civile, sempre gioioso.
Perchè questo dovrebbe essere il calcio, anche se parlarne dopo che una finale di Coppa Italia è diventata guerriglia da la nausea, perchè Parma, come sempre più di sempre, col suo tifo è tornata esempio.
Colorato, giocoso e gioioso, mai eccessivo. Vittima di violenze, distruzioni, assalti, ma colpevole mai, o quasi. Salvo rare eccezioni, per sciocchezza o leggerezza, più che per dolo.
Perchè da quando la Nord ha perso per destino uno dei suoi figli intitolandogli la Curva stessa, la violenza negli stadi già nulla è divenuta tabù. E Parma Sampdoria ha voluto ricordarlo, mentre sul campo i crociati hanno tenuto aperto un minuscolo spiraglio di sogno europeo.
Domenica a Torino lo scontro decisivo, per sperare anche in altrui inciampi volti a riaprire quella porta. Per portare anche nell’Europa dei piccoli il culto del calcio a pane salame e lambrusco, perchè da queste parti i coltelli tagliano solo cibo, e i botti li fanno le bottiglie.
Perchè il calcio è una festa. Sempre e comunque.
Francesca Devincenzi
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