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Editoriale Sochi – Plushenko, lo zar abdica
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11 anni agoon
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RedazioneNello sport, come nella vita, le dittature sono fatte per essere abbattute e nel pomeriggio di un giorno olimpico siamo stati spettatori di un rovesciamento di potere. L’Iceberg Palace di Sochi tracimava di pubblico, c’era un gran fremere perché da lì a poco si sarebbe esibito l’angelo idolo di casa. Addirittura lo osannavano ignorando gli altri pattinatori in gara. D’un tratto la sua chioma bionda fa capolino, saluta il pubblico e procede nel riscaldamento con geometrie graziose che tagliano dolcemente il ghiaccio: però c’è qualcosa che non va. L’angelo di nero vestito esegue un salto triplo, impatta sul ghiaccio e la schiena lo tradisce; prova e riprova, niente da fare. Quella maledetta schiena non regge. Evgeny Plushenko, lo zar biondo dei pattini, abdica. L’Iceberg ammutolisce quasi in segno di rispetto di una carriera gloriosa terminata senza esibizione, senza un altro oro. Malignamente c’è chi sostiene che da giorni, Plushenko, non stesse in piedi e che abbia organizzato questa messa in scena per ritardare il debutto del diciottenne Maxim Kovtun, fresco campione nazionale ai suoi danni.
Chi, invece, ha sublimato lo spirito olimpico è Justina Kowalczyk nella dieci chilometri di fondo di tecnica classica. La sciatrice ha affrontato la dura competizione con un piede fratturato e, benché l’handicap le cagionasse fitte a ogni affondo, è stata al comando del gruppo dal primo all’ultimo metro: la vittoria non è mai stata in dubbio, per la coraggiosa polacca arriva l’oro. Al secondo posto è giunta la svedese Charlotte Kalla mentre il bronzo è andato alla norvegese Therese Johang: Kowalczyk diventa la sportiva polacca più vincente nella storia superando con questa quinta medaglia olimpica (bronzo a Torino e an-plein in Canada) l’ex saltatore Adam Henryk Malysz.
Con un piccolo brivido l’Italia conquista la terza medaglia di questi Giochi olimpici grazie ad Arianna Fontana, argento nei 500 metri di short track. Il finanziere di Sondrio ha rischiato di non chiudere la gara per colpa di una manovra scellerata di Elise Christie: la britannica, alla penultima curva prima del traguardo, tenta un sorpasso interno (all’inglese, il vizio è di casa) che falcia in pieno tutte le concorrenti, Arianna compresa. L’unica a non essere coinvolta è la cinese Li che vince l’oro in un deserto ghiacciato: Fontana è repentina ad alzarsi subito dopo Christie, taglia il traguardo terza ma in seguito i giudici fanno giustizia applicando il regolamento e squalificano l’avventata britannica. Dopo i bronzi di Torino, vinto a soli quindici anni, e di Vancouver, Arianna conferma d’essere un’atleta grandiosa. Biondissima, giovanissima, sorridente e futura sposa di un fortunato italoamericano. Il romanzo della sua vita s’è appena iniziato a scrivere.
Alessandro Legnazzi
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