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Editoriale Sochi – Le donne di Olimpia
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11 anni agoon
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RedazioneNell’Olimpiade che tanto ha fatto parlare della legge che violerebbe i diritti degli omosessuali in territorio russo, il primo oro femminile della pista lunga finisce al collo di un’atleta dichiaratamente lesbica, una delle sette di tutti i Giochi. E’ l’olandese Ireen Wust, che torna sul gradino più alto del podio della specialità otto anni dopo Torino 2006. Il lato tragicomico di questa vittoria è che le inclinazioni sessuali della vincitrice, fidanzata con la collega connazionale Sanne Van Kerkhof, passano del tutto inosservato. A conferma che la vicenda era stata ingigantita all’inverosimile. La pattinatrice orange s’impone in 4’00”34, dando una bella regolata a lamine illustri quali la campionessa uscente, la ceca Martina Sablikova e la russa Olga Graf (allieva di Maurizio Marchetto, da tre anni c.t. della nazionale femminile padrona di casa).
Il quarto posto va alla tedesca Claudia Pechstein, che al pari di Armin Zoeggeler, poteva diventare la prima a conquistare sei medaglie in sei Giochi invernali consecutivi: appuntamento con la storia mancato per 1”79. Ireen Wust, una cannibale sui pattini. Dopo l’oro sui 1500 a Vancouver, messo di fianco ad altri ventisei titoli mondiali, la pattinatrice di Goirle è la prima atleta oranje (uomini inclusi) a vincere una medaglia in tre edizioni consecutive delle Olimpiadi invernali. “Si tratta di un bel primato, a questo punto non mi accontento” commenta a fine gara, con gli occhi lucidi dalla gioia. Alle altre le briciole. Anche alla nostra Francesca Lollobrigida – lontana parente di Gina, diva italiana degli anni ’50 e ’60 – che, al debutto sulla scena a cinque cerchi, ha chiuso al 23° posto col tempo di 4’16”52.
Mentre in Italia si sprecano fiumi d’inchiostro sulle lacrime di Balotelli, anche a Sochi abbiamo il primo piagnisteo. È quello della svizzera Lara Gut, dispiaciuta per essere stata eliminata dalla seconda manche della supercombinata: a vincere è la tedesca Maria Hoefl-Riesch, al terzo oro olimpico dopo quello di Vancouver 2010 (quando vinse anche in slalom), davanti a Nicole Hosp e Julia Mancuso (a 53/100). La statunitense è la sorpresa che estromette dal podio la favoritissima Tina Maze e si candida a un ruolo da protagonista nella velocità dopo essere stata la più veloce in discesa. Le italiane limitano i danni con l’undicesimo posto di Federica Brignone e il ritorno in pista di Daniela Merighetti, infortunatasi al ginocchio domenica nelle prove libere.
Alessandro Legnazzi
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