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Editoriale Sampdoria – L’incubo ricorrente
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11 anni agoon
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RedazioneCome ti svegli la domenica mattina, un brivido ti attraversa la schiena. Strano. È festa, fa caldo per essere autunno, magari c’è il sole e hai i parenti a pranzo. Davanti a te c’è una lunga settimana di lavoro. Come mai non riesci a rilassarti?
Una volta la domenica era il giorno più bello della settimana. Ancora te lo ricordi: non aspettavi altro che la domenica pomeriggio alle 15 per andare allo stadio, o sintonizzarti davanti alla TV per vedere la tua squadra preferita, la più bella del mondo, la Sampdoria.
Non ti importava dove andasse a giocare o il risultato che ottenesse: poteva vincere o perdere con tutte. Ti aspettavi l’improbabile sconfitta o l’eroica impresa, distribuite in giuste dosi nell’arco dell’intera stagione. Ma la vedevi sempre fiera e baldanzosa, sentivi di poterti fidare di lei ad occhi chiusi. D’altra parte, ti ripetevi che se avessi voluto vincere te ne saresti scelta un’altra, più forte, ma di certo non “la più bella”.
Ecco, ora inizi a capire i motivi di quel brivido: la domenica pomeriggio non è più così piacevole, spesso poi negli ultimi tempi è diventata un vero e proprio incubo. Non è nemmeno più divertente ritrovarti con gli amici, tifosi di altre squadre, dopo le 17, per scambiarti i consueti sfottò: molte volte sei ridotto a uno straccio, il sangue ti ribolle nelle vene al solo pensare alla partita appena conclusa. E, anche se hai vinto, non ti senti mai fuori dalle sabbie mobili.
Allora ti chiedi: dov’è finita quell’audacia? Perché i ragazzi che scendono in campo, invece che l’orgoglio e la gioia di vestire quei magici colori mostrano, nei loro visi contratti, paura e tensione? Dov’è il loro leader? Ti senti impotente. Come si può uscire da questo incubo ricorrente?
Si trattasse di un amico gli consiglieresti uno psicologo: qualcuno che si addentri nei meandri della sua mente, scavi e trovi in profondità “l’errore”, che ha portato al cronicizzarsi della situazione. Certo, le cure di questo tipo non sono mai brevi, occorre tempo e pazienza. Ma tornare a vedere quei ragazzi, con indosso la maglia più bella del mondo, correre per il campo fieri e baldanzosi, davvero sarebbe impagabile.
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