Pazza Inter
Lo strillo di Borzillo – Venghino signori, verghino!
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2 anni agoon
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RedazioneInizio giugno duemilaventidue. Giugno. E il mercato sta impazzando e impazzendo da giorni. Come se fosse davvero cominciato. Poi vai a vedere e ti rendi conto che sì, d’accordo, tutto bello, tutto interessante, tutto stupefacente, tutto misteriosamente misterioso. Ma il calcio mercato inizia, ufficialmente, il primo luglio. Tra un mese. Oggi, più che altro, si cerca qualcosa a cui appigliarsi per rendere l’inizio dell’estate un filo meno noioso di quanto già non sia. L’anno scorso, complici i campionati europei di calcio, la compravendita dei giocatori non riempiva le pagine dei quotidiani: e, già che ci siamo, nemmeno dei siti internet.
Sui social si discorreva amabilmente della nazionale di Roberto Mancini, degli impegni successivi, delle avversarie, delle squadre accreditate alla vittoria finale: tra le quali, per inciso, noi non c’eravamo. Perché, parliamoci chiaro, appartenevamo a quel lotto di outsider da sempre presenti in qualunque sport, sia esso calcio, basket, pallavolo ma anche tennis, atletica leggera o golf se vogliamo andare nel settore individuale. Siamo stati bravi? No, non bravi: bravissimi. Aiutati da quel pizzico di fortuna, chiamiamolo anche culo senza dover usare obbligatoriamente il linguaggio aulico a tutti i costi, divaghiamo nel non corretto di tanto in tanto.
Perché la fortuna, nel calcio ma nello sport in generale, deve darti una mano quando parti dalla seconda fascia e sbaragli la concorrenza: che so, un gol annullato per fuorigioco millimetrico, una partita dove non vedi palla ma la sfanghi ai rigori, il tiro giusto al momento giusto. Tutti ingredienti necessari sulla strada verso il successo. Dopodiché, la grande sfida, è saper mantenere quello stand che, necessariamente, l’aura di campione d’Europa ti consegna. Beh, da questo punto di vista l’Italia del pallone non è che abbia sfornato prestazioni d’eccellenza: pareggi e pareggini, mancata qualificazione – per l’ennesima volta – al mondiale, involuzione totale sì dei risultati ma, soprattutto, del gioco. Confidando in una prestazione minimo decente con la Germania, la partita contro l’Argentina è stata una delle occasioni di imbarazzo maggiori a cui mi sia capitato di assistere in anni e anni che seguo il gioco del calcio.
Non tanto per il risultato finale, si può perdere tranquillamente, parliamo di sport e non di massimi sistemi della vita, quanto di triste accettazione dell’esito finale senza opporre la benché minima resistenza. Niente. Una dimostrazione di totale impotenza complicata da ricordare, da anni a questa parte. La netta sensazione di non potere nulla contro una squadra, l’Albiceleste, superiore in tutto e per tutto.
Eppure, ci tengo a sottolinearlo, molti tra i nazionali argentini provengono da club non necessariamente di prima fascia, di quelli tanto cari ai signori di Nyon. Significa qualcosa? Certo che sì. Significa, tornando al mercato, che noi – almeno alcuni tra noi – continuano imperterriti a credere di appartenere a un sistema calcio di livello assoluto. No, mi spiace. Noi godiamo, come è giusto che sia, dei successi delle nostre squadre di club all’interno del campionato indigeno: ma, bisogna che qualcuno si ricordi, per il bene del calcio italiano in primis, che il sistema non funziona più. Che c’è da lavorare. Che c’è da riformare dalle basi. Che c’è da lasciar perdere playoff e calendari asimmetrici.
Torniamo coi piedi ben piantati a terra. A cominciare da certe valutazioni di certi calciatori in un certo mercato. Perché se non si comincia da lì, siamo destinati sempre più al triste ruolo di comprimari. Sperando nel Roberto Mancini di turno che compia il miracolo.
Alla prossima
Gabriele Borzillo