Pazza Inter
Lo strillo di Borzillo – Consapevolezza
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3 anni agoon
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RedazioneAvrei voluto scrivere altro, magari di un possibile ottavo di finale con l’Ajax, ad esempio. Ma l’Atletico ha giustamente preteso un nuovo sorteggio. E così è stato. Con figura pietosa dell’Uefa e dei suoi vertici, Ceferin in primis, l’uomo del calcio di tutti, il cavaliere del fair play finanziario. In un mondo normale molte teste sarebbero saltate ieri: nel mondo ovattato di Nyon non succederà nulla e tutti continueranno a vivere felici e contenti. Fino alle prossime elezioni, forse, colpevolizzando i vari provider di turno perché loro, quelli dell’Uefa intendo, di colpe non ne hanno. Simbolo di perfezione.
Champions a parte, non si molla niente nemmeno lì, giochiamocela che tanto non abbiamo davvero nulla da perdere, forse i nostri avversari qualcosa in più o, perlomeno, la pressione tutta sulle loro spalle, torniamo a parlare e dissertare di campionato indigeno, delle cose di casa nostra. L’Inter, dopo una rincorsa durata poco più di un mese, ha sorpassato la concorrenza e oggi viaggia spedita e solitaria in vetta alla classifica. Curioso come un mese e mezzo fa, prima del derby e della sfida col Napoli, si descrivessero i nerazzurri non dico con toni da de profundis ma quasi: e se perde col Milan va a meno dieci e fine dei giochi, e se perde col Napoli va a meno dieci e fine dei giochi. Invece noi siamo ancora qua, eh già, eh già, siamo ancora qua. Forse dureremo un paio di settimane al vertice, forse manco quelle: però, raccontiamocela nel verso giusto, siamo là in cima non per caso. I nerazzurri giocano un bel calcio, a tratti un gran bel calcio con padronanza del campo, occupazione dello spazio, accelerazioni che tagliano in due le difese avversarie. Sì, vabbè – è l’obiezione più frequente – tranquilli, avete giocato col Cagliari, a Madrid intanto siete caduti come pere mature. Vero, abbiamo giocato col Cagliari. E vero, a Madrid abbiamo perso. Ma anche in Spagna, perlomeno fino all’espulsione di Barella, l’Inter aveva tenuto in mano il pallino del gioco, si era appena divorata l’occasione del pareggio, aveva tirato verso la porta madridista quindici volte in meno di un’ora. D’accordo, sono semplici numeri. Invece, perdonatemi, proprio no: non sono semplici numeri. Sono numeri che raccontano una squadra forse ancora un filo immatura ma capace di giocare allo stesso modo, casa o trasferta è uguale. Coi Blancos hai perso le due partite: eppure, riguardandole, tutta questa differenza continuo a non vederla. Magari sono troppo positivo io, magari c’è un abisso che fatico a comprendere.
Torniamo al campionato.
Domenica sera, in un Meazza meno pieno del solito, freddo polare, giornata di sole e volendo da Milano ci vuole un’oretta o anche meno per raggiungere le piste da sci, i ragazzi di Inzaghi hanno offerto una prestazione di assoluto livello. È finita tanto a poco ma, senza Cragno che volava da un palo all’altro, sarebbe potuta finire tantissimo a pochissimo. Certo, il gioco di Mazzarri, un filo antiquato, 352 vecchio stampo, potrebbe aver contribuito all’exploit interista. Però, domenica dopo domenica, l’Inter batte un po’ tutti, sempre allo stesso modo, dando l’idea di essere, perlomeno nel Bel Paese, squadra forte, compatta, tecnicamente e tatticamente avanti rispetto alle altre. È un percorso, quello intrapreso da Simone Inzaghi, che porta ad avere una reale consapevolezza di sé stessi e della propria forza. Consapevolezza che dovremo essere bravi a portare anche in Champions. Abbiamo il venti per cento di possibilità? Bene, allora giochiamocele. Per diventare grandi certi step sono fondamentali.
Alla prossima.
Gabriele Borzillo