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Editoriale Wimbledon – Chiamiamolo pure Wimblegeddon
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11 anni agoon
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RedazioneWimblegeddon, la crasi fra Wimbledon e larmageddon, la fine di tutto. Una falcidia di numeri uno ha reso deserto quasi la metà del tabellone maschile durante i primi tre giorni, pure la grande favorita del femminile esce: Serena Williams si arrende alla tedesca Sabine Lisicki al terzo e decisivo set per 6-4 fermando a trentaquattro la serie di vittorie consecutive in stagione. Stupore sul centrale ma la giornata nera del torneo più importante del mondo non finisce di regalare colpi di scena poiché sul campo numero 1, poco dopo, cade lidolo di casa Laura Robson. Agli inglesi non resta che sperare in Andy Murray, abile nel sbarazzarsi di un futuro ospite di Villa Arzilla quale il russo Michail Youzhny.
Alcuni azzardano a chiamarlo Challenger di Wimbledon esagerando oltre modo perché lironia è unarma di pace, ma il rispetto della tradizione dei Championships va preservato con le unghie e con i denti. È unedizione strana, avvicinabile solo allOpen di Francia del 1990 quando nel martedì nero uscirono di scena Edberg e Becker, le teste di serie del torneo. Il tennis cammina veloce e spesso non ce ne accorgiamo un po perché siamo aficionados, un po perché non vogliamo che cambi: Federer–Nadal non sono eterni, Djokovic ha dei ritmi che nessuno regge, Murray punta a diventare il successore di Fred Perry ma ai quarti ci saranno due polacchi (Kubot e Janowicz).
Nessuno si azzardi a pronosticare la finale desumibile dai quarti perché sullerba moderna di Wimbledon tutto può succedere, anche se poco rimane. E noi italiani? Incassato il positivissimo risultato di quattro azzurri nella seconda settimana del torneo (Pennetta, Vinci, Knapp e Seppi), al lunedì facciamo le valigie per lasciar libero lhotel senza portare a casa nemmeno un set. Non sia mai di passare per villani.
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