Pagelle Juventus
Editoriale – Italia, sveglia! L’estero ci soffia tutti i talenti…
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11 anni agoon
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RedazioneRicordo che, quando ero bambino, i calciatori italiani che militavano all’estero si contavano sulle dita di una mano. E, si badi bene, stiamo parlando di una quindicina di anni fa, non della preistoria! Mi sovviene, tra i primi, il caso di Ruggero Rizzitelli, uno dei pionieri che sbarcò oltreconfine per cercare fortuna con la maglia del Bayern Monaco. Poi fu la volta di Gianluca Vialli, Fabrizio Ravanelli e via di seguito, fino ad arrivare ad oggi, quando non si contano più i talenti nostrani (spesso giovanissimi) che con la bricola in spalla se ne vanno a cercare gloria altrove.
Possiamo parlare a tutti gli effetti di una “fuga di talenti” come dimostrano i recenti casi di Giulio Donati, approdato al Leverkusen, e Luca Caldirola, in trattativa per passare al Werder Brema. Una situazione, quella del calcio nostrano, che rispecchia la situazione di migliaia di giovani italiani costretti, nei campi più svariati, ad emigrare per cercare fortuna all’estero. Quello che manca al nostro paese, così come al nostro campionato, è la fiducia nei giovani.
Si inseguono obiettivi irraggiungibili, si sognano top-player da milioni di euro, si siglano contratti a più zeri per giocatori mediocri importati dall’estero e poi ci si lascia scappare i talenti, quelli veri, nati e cresciuti in Italia. E non mi si venga a dire che mancano i soldi, che poi vengono puntualmente spesi per i Robinho e i Krasic di turno. E’ solo una questione di priorità e di organizzazione: sembra che la maturazione dei nostri giovani non interessi a nessuno, come se non fosse importante ai fini dei club di appartenenza e della nazionale. Si vedano i casi Borini e Verratti: talenti purissimi, che con un po’ di volontà in più si sarebbero potuti trattenere e far giungere a completa maturazione nel nostro paese.
E invece no, ancora una volta, siamo qui a parlare di questa diaspora di talenti verso paesi che i giovani li valorizzano, buttandoli nella mischia a 17 anni, non a 23-24 come avviene da noi. E tra qualche anno, probabilmente, saremo qui a rimpiangere Caldirola e Donati, giocatori di sicura prospettiva, su cui altri campionati hanno osato scommettere, intravedendone le potenzialità.
Già, audere est facere, dicevano i latini, osare è fare. Ed è proprio l’audacia che ci serve per crescere, come movimento calcistico ma anche come paese. Scommettere sui giovani è il futuro, bisogna iniziare a raccogliere i frutti generati da quei semi piantati anni fa; è il momento di chiudere il mercato in maniera quasi “protezionistica” per dare il giusto spazio ai settori giovanili, potenziali fucine di talenti per il calcio professionistico. Serve più coraggio Italia, bisogna credere nel nuovo che avanza, bisogna saper cogliere l’esempio di Germania e Spagna: lanciare i giovani significa investire sul lavoro del settore giovanile, ridimensionare il bilancio sotto il profilo economico e sfornare giocatori pronti anche in chiave nazionale: perchè non provarci?
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