Amarcord
Beretta: “Derby Coppa Italia? Collaboriamo per un clima disteso”
Published
12 anni agoon
By
RedazioneIl presidente della Lega Serie A, Maurizio Beretta, è intervenuto oggi negli studi di Sky Sport24, parlando a 360 gradi di Coppa Italia, del problema degli stadi italiani e differenze tra il nostro calcio, poco appetibile per gli investitori stranieri, e quello degli altri Paesi europei.
Sulla finale di Coppa Italia tra Roma e Lazio prevista per il prossimo 26 maggio, Beretta afferma: “ Adesso stiamo ragionando, ci stiamo confrontando con tutti. Noi pensiamo che la collocazione naturale sia quella fissata da tempo, cioè il 26 maggio e tendenzialmente a un orario di prima serata. Stiamo intanto definendo però un programma che comunque intendiamo sviluppare con la forte collaborazione delle due società, per costruire eventi, appuntamenti e momenti di distensione in modo di arrivare comunque alla giornata del derby e della finale con un clima più sereno, disteso tra le tifoserie, come è giusto che sia. Noi pensiamo che dobbiamo fare un lavoro importante, in profondità per togliere questi fenomeni degenerativi, peraltro di piccolissime minoranze, che in qualche modo ricattano le società, i tifosi perbene, in questo caso anche una città“.
Ma la tifoseria violenta, a quanto pare, non è l’unico problema del calcio italiano. Puntualmente, ogni anno, si ripresenta il problema stadi a cui il presidente risponde così: “Certamente, come dimostrano i casi di Juventus e Udinese, è possibile farcela da soli. Non è quello che è successo nel caso specifico in Germania, Inghilterra o Spagna, dove comunque sono state investite risorse pubbliche importanti. Noi non abbiamo mai chiesto, perché siamo consapevoli del quadro di finanza pubblica, interventi finanziari a sostegno delle società, ma un quadro certo che consenta tempi, snellimento delle regole e compensazioni per quanto riguarda linvestimento“.
Motivo per il quale siamo così poco appetibili per gli investitori stranieri, perché “normalmente un investitore ha bisogno di regole certe, di un quadro normativo molto definito, nel quale valutare le sue operazioni di rischio. Se guardiamo agli stadi, ad esempio, questo è quello che oggi di fatto non cè“.
Inevitabile, di questi tempi, fare paragoni con Paesi europei che anche nel calcio si stanno dimostrando più lungimiranti dell’Italia. Cosa dobbiamo invidiargli? “La risposta è facilissima: gli stadi di proprietà rappresentano una differenza abissale nel modello di business delle società, nelle capacità di fidelizzazione rispetto ai tifosi, rispetto a chi vuole andare allo stadio, ampliano il mercato potenziale, perché aprire gli stadi ai giovani, ai bambini, alle famiglie è anche un investimento sul futuro. Basti dire che in Germania, così come in Inghilterra, gli stadi rappresentano allincirca un terzo dei ricavi medi delle società e in Italia siamo alla metà di quel terzo“.
E così come del problema stadi se ne sente parlare spesso, una costante stanno diventando anche gli episodi di razzismo nel calcio italiano, gli ultimi in ordine di tempo nel match tra Juve e Milan: “Su questo cè un impegno a tutti i livelli che parte dalle grandi istituzioni del mondo del calcio, alla Lega e alle singole società. Il lavoro è costante e vede onestamente molto coinvolte le società, senza riserve. Io penso che naturalmente anche in questa direzione servano campagne, forti elementi di sensibilizzazione e credo anche serva, rivedendo i teppisti prima del derby, un salto di qualità nel sistema sanzionatorio“.