Pagelle Juventus
Editoriale – Un povero mercato per poveri club
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12 anni agoon
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Redazione“L’accordo per il trasferimento è stato raggiunto sulla base di un prestito oneroso con possibilità di riscatto della metà del cartellino”.
Quante volte avete letto questa frase nell’ultimo anno?
La vera domanda é un’altra, tuttavia: avevate mai sentito una frase simile prima di due anni fa?
I club italiani oggigiorno si ritrovano a prelevare in prestito un giocatore pagando una cifra minima al Club di origine, con la POSSIBILITÀ in seguito di rilevarne LA METÀ versando un’altra piccola rata: dove sta andando il calcio italiano?
In teoria non c’è niente di male perché in passato questa formula ha permesso a tanti club senza grandi mezzi finanziari di rinforzare la propria rosa evitando di mettere a bilancio cifre troppo importanti, oltre ad incoraggiare l’ingaggio di un giovane senza esperienza o di un calciatore reduce da un lungo infortunio – due tipi di giocatori il cui rendimento incerto rende tutt’altro che appetibile l’idea di un investimento immediato ed oneroso.
Il problema è che di questi tempi anche i club di primissimo piano si ritrovano costretti ad effettuare operazioni di questo genere per poter allestire squadre più o meno competitive, dando vita così ad un circolo vizioso da cui il calcio italiano faticherà non poco ad uscire: dal momento che non ci sono soldi disponibili, il grande club bussa alla porta del più piccolo e – facendo leva sulgiocatore con il blasone e la tradizione – riesce spesso a chiudere l’affare per pochissimi soldi, rendendo quindi vano il lavoro di sviluppo o recupero messo in atto dal piccolo club.
In questo modo il grande club si assicura di mantenere una posizione dominante senza investire troppo mentre il piccolo club si trova privato di un buon giocatore (il più delle volte, almeno) e non ha nemmeno la consolazione dei fondi ricevuti, che sarebbero potuti essere investiti nella ricerca di un nuovo giocatore da lanciare o rivalutare, nella speranza di ricavarne un solido guadagno.
Quanto mai potrà durare questo sistema?
Senza i ricavi della vendita di quel giocatore, il piccolo club non avrà verosimilmente più nessuna fonte di sostentamento e questo porterà alla scomparsa di tante società, tutte quelle che non saranno in grado di continuare la valorizzazione di talenti andandoli a scovare ancora prima e più lontano del solito, visto quanto sarà sempre più numerosa e agguerrita la concorrenza.
Parallelamente, il grande club che continuerà a non investire nella propria rete di osservatori e nel proprio settore giovanile finirà via via più isolato perché i giocatori migliori saranno destinati a vestire altre maglie (abbiamo visto spesso quanto valga il blasone davanti ad un ricco assegno) mentre il mercato interno andrà degradandosi per l’impossibilità dei piccoli club di sostenere i costi legati alla crescita e allo sviluppo di un talento.
Non disperiamoci, per lo meno non ancora, perché esistono delle alternative a questa parabola discendente ed esistono strade ancora imboccabili (alcune addirittura già imboccate) per tornare sul retto cammino. La ricetta ormai non è più segreta da un pezzo e tocca solo ai Club decidere di metterla in atto, orientando le proprie scelte ed i propri investimenti verso il dopodomani piuttosto che verso l’oggi pomeriggio – come succede attualmente.
La Roma di Zeman sta provando a rifondare, lo stesso sta facendo la Fiorentina ed ormai club come l’Udinese di Pozzo sono un modello da seguire ad occhi chiusi, come dimostrano gli ottimi campionati disputati dagli uomini di Guidolin nel recentissimo passato.
Tocca ora alle grandi decidere di seguire le orme lasciate da club più coraggiosi, abbandonare il “tutto e subito a qualsiasi costo” e convertirsi oppure rischiano seriamente di ritrovarsi improvvisamente troppo indietro, superate da coloro che una volta non erano considerati altro che club minori.
Se le cose non cambieranno, non passerà molto prima che Fiorentina, Udinese o Parma facciano il solco tra il futuro e il passato, lasciando le grandi alla loro lotta per la sopravvivenza di una borghesia francamente passata di moda.
In alternativa non resta che sperare nell’arrivo di uno sceicco.
Che a pensarci bene è pure peggio.
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