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Editoriale – C’era una volta una squadra di.. Allegri
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12 anni agoon
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RedazioneSembrano passati secoli dal 7 maggio 2011, giorno in cui il Milan, pareggiando 0-0 contro la Roma di Vincenzo Montella, conquistava il 18/mo scudetto della sua storia. Al timone dei rossoneri c’era quel Massimiliano Allegri che siede ancora sulla panchina milanista, ma che sembra il lontano parente del tecnico fresco e vincente che al Milan aveva fatto centro al primo anno.
Domenica 23 settembre 2012 l’avventura di Massimiliano Allegri sulla panchina del Milan potrebbe finire bruscamente. Fare risultato pieno sul campo dell’Udinese (non proprio sul campo dell’ultima arrivata) sarebbe l’unico modo per il tecnico livornesei di salvare la propria panchina. E potrebbe anche non bastare, visto che Silvio Berlusconi era intenzionato a dargli il benservito già mercoledì scorso, poche ore dopo lo scialbo 0-0 maturato nell’esordio in Champions League contro il modesto Anderlecht.
Che cosa è cambiato da quel famoso 7 maggio a oggi? Di certo il Milan ha una pelle completamente diversa: i campioni più rappresentativi della formazione rossonera sono andati via, attratti (loro, ma anche il club di via Turati che ci ha fatto lauti guadagni) dai tanti soldi a disposizione del Paris Saint-Germain, che in un colpo solo si è portato via dalla serie A campioni del calibro di Zlatan Ibrahimovic e Thiago Silva.
Anche molti dei senatori dello spogliatoio rossonero non ci sono più, da Rino Gattuso (proprio quel Gattuso al quale Berlusconi vorrebbe dare la chance di sedere in panchina accanto a Tassotti) a Clarence Seedorf, da Gianluca Zambrotta ad Alessandro Nesta, finiti lontano da Milanello alla scadenza naturale del loro lungo e storico contratto.
Quello che è rimasto in mano ad Allegri è un Milan più giovane, più inesperto e sicuramente con meno qualità rispetto al passato. Firmato il prolungamento del contratto fino al 2014, Allegri non ha mai chiesto nulla alla società rossonera, rimboccandosi le maniche per far fruttare al meglio quanto ha a disposizione. Materiale che Adriano Galliani e gli altri dirigenti rossoneri considerano di primissimo ordine: in futuro forse sarà così, ma il presente è tutt’altra cosa.
Che cosa fare, dunque, per invertire la pericolosa tendenza, segnata da due clamorose sconfitte casalinghe contro Sampdoria e Atalanta e dal pareggio a reti bianche imposto dall’Anderlecht? Cambiando i fattori cambia anche il risultato ed ecco che il 4-3-1-2 che aveva portato tanti successi in casa milanista non funziona più. Ad Allegri, dunque, innanzitutto non resta che cambiare modulo, cercando un’alchimia tattica in campo che possa far rendere al meglio le pedine a sua disposizione.
Quello che andrebbe cambiato è anche l’atteggiamento di alcuni giocatori, che sembrano aver perso la voglia di sacrificarsi in campo in nome del raggiungimento di risultati importanti. Risultati che in ogni caso la società continua a chiedere al Milan, più per il blasone che il Diavolo incarna che per le reali qualità della rosa milanista.
Cambiare tecnico toglierebbe ogni scusa ai giocatori, che verrebbero responsabilizzati ben più di quanto lo sono oggi. A pagarne le spese, però, sarebbe un tecnico preparato e motivato a far bene con l’organico attualmente a propria disposizione. Contratto a parte, altri se ne sarebbero andati nel corso dell’estate, magari sbattendo la porta in nome di accordi che sulla carta erano diversi. Allegri non l’ha fatto, mettendosi a disposizione come il più solerte dei dipendenti. Ma per una società che, ora, è pronta a fargli pagare il conto degli insuccessi.
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