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Esclusiva – Torricelli racconta la sua Juve
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5 mesi agoon
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RedazioneDi Davide Sacchetti
Com’è passare dai dilettanti al professionismo?
Dipende tutto dall’atteggiamento e dalla voglia, è un salto molto importante che preso nella giusta maniera ti può aiutare tantissimo.
Cosa ha rappresentato la Juventus per te?
Ha rappresentato tantissimo per me, mi ha accolto che ero un bambino e mi ha fatto diventare un uomo. Alla Juventus ho vinto tutto e ne sarò sempre grato.
Prima impressione dell’avvocato Agnelli?
L’avvocato Agnelli era una persona speciale, un uomo che ha fatto la differenza a livello mondiale. Purtroppo ne nascono pochi di uomini dal carisma eccezionale.
Cosa ti ha lasciato Lippi?
Con lui abbiamo vinto tutto, siamo arrivati sul tetto del mondo. È una persona che tutt’ora ricordo con molto affetto.
Secondo te qual è il problema del calcio in Italia?
Il problema è che non lasciamo i giusti tempi di crescita a tantissimi giocatori per la voglia di arrivare ai risultati subito. Invece bisognerebbe guardare più i risultati a lungo termine.
Ti sei trovato bene in Spagna?
Sì, è stata un’esperienza molto positiva, volevo confrontarmi con un calcio completamente differente da quello italiano ed è stata una bella avventura. Peccato non essere stato al massimo a livello fisico.
I ricordi più belli in nazionale?
Ho avuto la fortuna di partecipare a un mondiale ed un europeo, anche se non siamo riusciti a portare a casa risultati importanti. Sono state tutte esperienze molto belle, quando indossi la maglia della nazionale in una manifestazione così importante l’orgoglio è sempre al top.
Cosa significa indossare la maglia della Juventus?
Lì è tutto l’ambiente che ti fa capire come bisogna lavorare per essere al top sia in Italia che in Europa. Alla Juve servono voglia di migliorarsi continuamente, sacrificio e la disponibilità a confrontarsi sempre con i compagni.
Oggi giorno non ti sembra che venga meno la voglia di sacrificarsi quando si indossano le maglie di club e nazionale?
Io credo che i sacrifici siano uguali, ma è chiaro che rispetto ai miei tempi son cambiate regole, atteggiamento, moduli di gioco. Oggi c’è molta più tattica. Una grande differenza è che quando giocavo io negli anni ‘90 tutti volevano venire in Italia perché era il campionato più bello del mondo.
Cosa aveva di così speciale Zidane?
È stato un fuoriclasse eccezionale, che faceva giocate pazzesche, ma la sua grandissima dote al di là della qualità tecnica era l’umiltà e la voglia di mettersi al servizio del compagno. Era un ragazzo che si lasciava far voler bene.
Quale è la vittoria che ti è rimasta dentro con la maglia della Juventus oltre quella di Roma del ‘96?
Sono tutte molto importanti, ma credo che a livello di impegno e di voglia i 3 campionati sono stati altrettanto difficili ed entusiasmanti come la Champions.
Come avete vissuto i momenti prima della finale di Champions?
C’era tanta adrenalina, sapevi che era l’appuntamento più importante di quel periodo e sapevi che avevi l’occasione della vita per entrare nell’olimpo del calcio.