Amarcord
Buffon, così nacque una stella
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4 settimane agoon
Fu tutto merito di Nevio Scala, allora allenatore del Parma, che quella mattina del 19 novembre 1995, a poche ore dall sfida contro il Milan, ebbe l’intuizione con la “I” maiuscola: far debuttare quel ragazzino di 17 anni che rispondeva al nome di Gianluigi Buffon.
Battesimo di fuoco
Un battesimo di fuoco. Esordire in serie A contro il Milan di Roberto Baggio e George Weah non è cosa per tutti. Ci vuole carisma e tanto sangue freddo. Doti essenziali nella carriera di Gigi, che conoscerà solo quattro maglie: quella del Parma (il primo amore), quella della Juventus (la grande passione), quella del Psg (l’ultima grande avventura) oltre a quella azzurra della Nazionale, praticamente una seconda pelle.
Parma-Milan 0-0
I futuri campioni d’Italia del Milan non riuscirono a bucare la porta di Buffon. Entrambi i Palloni d’Oro furono disinnescati dai tuffi del nipote d’arte, decisivo in un paio di occasioni. Tanto che, a fine gara, il tecnico dei rossoneri Fabio Capello si espresse così:
Non abbiamo vinto solo perché in porta abbiamo trovato un Buffon
Chiaro il riferimento a Lorenzo Buffon, classe 1929, cugino del nonno di Gigi e storico portiere degli anni ’50 e ’60, cinque volte campione d’Italia (4 con il Milan, una con l’Inter), considerato uno dei più grandi estremi difensori della storia del nostro calcio. Buon sangue, del resto, non mente.
Il ricordo di Scala
Questo il ricordo di Nevio Scala sulla gara d’esordio di Buffon:
E’ sabato sera, giorno di vigilia. La domenica giochiamo contro il Milan e insomma penso, ripenso ma in fondo la decisione dentro di me l’ho presa: gioca lui, gioca Gigi. Il martedì di quella settimana si fa male Luca Bucci, il titolare. Ne rimangono due: Gigi e Alessandro Nista, e quest’ultimo sarebbe il vice. Da quel martedì fino all’ultimo allenamento, io e il mio preparatore dei portieri, Enzo Di Palma, facciamo le stesse cose di sempre ma guardiamo con un occhio diverso Buffon. E vediamo che nessuno riesce a fargli gol. Sa nessuno? Nessuno. Così, proprio in quel sabato, a fine seduta vado da Enzo e gli dico: “Anche tu hai visto quel che ho visto io?”. E lui: “Non devi nemmeno dirlo”.