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Lo Strillo di Borzillo – Mai una gioia!
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6 anni agoon
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RedazioneEbbene sì, anche stavolta siamo riusciti a disfare la tela, peggio della peggior Penelope. Ma come, ma perde tutto il mondo tra sabato e domenica pomeriggio, hai l’occasione per cercare un mini-break, un allungo più di una vera e propria fuga, uno scatto di quelli che possono far male a chi deve inseguire, e che fai? Finisci per farti male da solo, incartandoti su inutili formule magiche invece di limitarti a schierare gli uomini nei loro ruoli, soprattutto dopo aver visto ciò che erano stati in grado di fare appena due settimane fa, vincendo il derby ben oltre lo striminzito tre a due finale.
Stavolta, però, salagadula megicabula bibbidi bobbidi bu (testo originale di Gigliola Cinquetti) non ha funzionato. E nemmeno il sim sala bim del favoloso Silvan. Perché la magia, qui, non c’entra nulla.
Qui non puoi consegnare un centrocampo raffazzonato all’avversario. Non puoi pretendere che Borja Valero, saggio e mostruosamente intelligente dal punto di vista calcistico ma con trentaquattro primavere sul groppone, si trasformi in un aitante ventenne pronto a contrastare i Milinkovic-Savic di turno. La Lazio, lo sapevamo tutti ma forse il buon Luciano si era perso qualche pezzo, era attualmente una delle squadre più in forma. Stava bene e fisicamente e mentalmente. Avversario difficile, ostico, fastidioso da affrontare.
Quindi perché mai ripartire da chi aveva fatto tanto bene nell’ultima uscita di campionato? Dai, su, mescoliamo le carte, rimettiamo tutti in gioco, se no che gusto c’è.
Aspettiamo Inter-Lazio con discreta apprensione ma senza il pathos dei giorni migliori. Abbiamo ancora negli occhi la stracittadina e sottovalutiamo, probabilmente, l’assenza di Lautaro e De Vrij in contemporanea, certi di volare sull’entusiasmo del terzo posto e dei risultati pomeridiani, costruiti ad hoc per le ambizioni Champions nerazzurre. Personalmente sono talmente tranquillo da spadellare per presentare a tavola una versione riveduta e corretta della pasta e fagioli, must assoluto della cucina italiana. Che, tra parentesi, mi esce pure bene; sarà il colpo di coda del concentrato di pomodoro a fare la differenza, sta di fatto che non ne rimane manco un cucchiaio. Va beh, dai, molliamo la tavola che inizia.
Confesso, ho tenuto spento il televisore in giornata né ho cercato di contattare amici o semplici conoscenti sulla rotta del Meazza,vivevo nella beata ignoranza di rivedere Gagliardini propositivo fare da scudiero a Marcelo con Vecino pronto ad inserirsi e a coprire il portatore di palla avversario. Invece sorpresa; sarà perché colpito da una insolazione, sarà perché ha compiuto gli anni e fatto una mega festa dalla quale non si è ancora ripreso, sarà la nostalgia, sarà quel che sarà, il Gaglio manca all’appello. E porca di quella zozza. E che cazzarola. E perdindirindina. (non necessariamente nell’ordine e non necessariamente usando gli stessi termini). Non mi dilungo sull’Icardeide, tanto tra poco parleranno, nell’ordine; il macellaio dove Mauro andava a comprare la carne da bambino, il cartolaio dove acquistava i quaderni, il panettiere che gli regalava le michette, un vicino di casa scelto dopo un’estrazione che si vedrà in tutta la nazione e un passante che si ricorda di Mauro bambino mentre giocava a calcio e segnava a più non posso ma di tanto in tanto si corrucciava, riprendeva il pallone e tornava a casa da solo. No, non parlo della telenovela argentina che sta ammorbando l’aria di Appiano Gentile. Parlo di scelte sconclusionate ad inizio partita. Di un ritorno al classico, noioso e temibile (per i tifosi nerazzurri) 4231. Di una partita che si poteva e si doveva vincere, con un minimo di razionalità, invece di cercare un ritorno al passato che non ci ha mai portato nulla di buono. Perché il derby lo abbiamo vinto cambiando modo di giocare, sorprendendo l’avversario, non offrendo la solita prestazione priva di mordente con passaggini in orizzontale, autolesionismo e banalità, prevedibilità e poco costrutto.
Iniziamo sbagliando tutto ciò che è possibile sbagliare, e già mi girano le palle nemmeno poco. Dieci, dodici minuti in apnea alla ricerca del gol. Che invece trovano gli avversari, con Handanovic ben piantato sulla linea di porta. Ma benedetto ragazzo, sei altro due metri, pesi cento chili, ma come caspita ti di può far capire che quei palloni SONO SEMPRE TUOI? COMEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEE????????????????????????????????
Rientro in me. Chiedo scusa.
Dal gol in avanti cerchiamo di costruire ma siamo dei pessimi architetti o ingegneri, vedete Voi. Finiamo il primo tempo con Samir protagonista assoluto. La Lazio è questa: tre tiri in porta, un gol e due parate pazzesche del capitano. Noi seimilaseicento tiri, possesso palla del mille a uno, due miliardi di cross inutili. Però c’è ancora un tempo. Che vola in un amen. In un attimo. In un baleno.
E perdi. Senza meritarlo, diciamocelo chiaramente. Ma perdi.
Adesso, il problema, è che hai mezza serie A attaccata al culo. E tutti convinti di poterci raggiungere, superare e farci fuori. Non è il momento di incazzarsi; semmai è quello di restare uniti, ancora per nove giornate.
Poi ciascuno sceglierà la sua strada, o gliela faranno scegliere. Ma, fino ad allora, l’interesse comune di tutti costoro DEVE essere l’Inter, da cui vengono mensilmente remunerati senza ritardi nei bonifici, a quel che mi risulta.
Delle vendette personale, delle sfide all’OK Corral, del conto di più io, no io, mi frega zero; vediamo di fare i professionisti. Anzi, VEDETE di fare i professionisti. Che tempo per riprendersi ce n’è, hai voglia.
Alla prossima.
Gabriele Borzillo
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