News
Lo Strillo di Borzillo – Tre squilli in scioltezza!
Published
6 anni agoon
By
RedazioneCapita di inciampare, scivolare, incespicare; il segreto sta nel come ti rimetti in piedi e ricominci a camminare. Perché puoi barcollare oppure tornare alla tua falcata, sicura e senza tentennamenti, dipende esclusivamente da te.
L’Inter, reduce da quattro schiaffoni in una partita interpretata da comparse e sosia dei giocatori veri in quel di Bergamo, si ritrova all’interno di un Meazza tanto per cambiare gremito (quasi 64.000 presenze, assenti i soliti suning out di cui nessuno, ma nessuno proprio, sente la mancanza e i tre che sono rimasti, soldatini giapponesi ancora sperduti dalla fine della seconda guerra mondiale su qualche atollo, a parlar male di Icardi) per una specie di esame di maturità. Ve lo ricordate, vero, l’esame di maturità? Quella roba che se ci pensavi ti si stringeva lo stomaco e cercavi una toilette nelle immediate vicinanze, che ancora ho i vermi se penso a greco scritto. Latino ancora ancora me la cavavo, ma greco era una tortura. Bene, l’esame dei nostri eroi si chiamava Frosinone. Niente di trascendentale, intendiamoci, ma per questo ancor più complicato di quello che i pronostici dei vari esperti suggerivano. Si, insomma, come quando mi sedetti per latino orale, incrociando le dita e sperando di cominciare dalle Catilinarie, che Lucrezio e il De Rerum Natura erano un terno al lotto; la professoressa, con una incommensurabile botta di culo, scelse Cicerone ed il mio esame, di cui fotte sega a nessuno se non ai miei ricordi, si indirizzò verso la strada corretta. Un po’ come il gol di Keita Balde, tornato calciatore dopo un periodo di vacanza prolungato; ecco, quel movimento, quel rasoterra secco e preciso, imprendibile, ha aperto la via verso la nuova dimensione nerazzurra, quella di una squadra consapevole dei propri mezzi ed in grado si rialzarsi dopo una caduta. Anche dopo una brutta caduta.
Il resto del primo tempo trascorre al rallentatore, in slow motion, che quasi mi veniva in mente di evocare il grandissimo Carlo Sassi col fido Vitaletti, fondatori della vera moviola, ancora oggi anima pulsante delle giornate di tifosi sparsi lungo la penisola, nelle migliaia di Bar Sport luogo di ritrovo e tappa obbligata in ogni paesino italico, da Nord a Sud isole comprese. Ma, nonostante la velocità non fosse quella delle serate di gala, con i muscoli tirati a lucido e l’odore della canfora che avvolge finanche le poltroncine dello stadio, l’Inter è riuscita a costruire perlomeno altre quattro palle gol pulite a fronte del nulla cosmico espresso dai ciociari, intenzionati più a cercare di beccarne il meno possibile che a cercare il pareggio. Demerito dei nostri avversari? Forse. Senza però scordarsi della capacità da parte dei nerazzurri di stare nel campo, presidiare le varie zone evitando, come ricordato poco sopra, lo sprecare energie superflue.
Si va al riposo sopra di una sola rete, immeritatamente; il divario tecnico nei primi quarantacinque minuti è stato a tratti, larghi, imbarazzante. E si ricomincia con molte certezze e qualche patema d’animo, la sfiga ci vede benissimo e basta una distrazione, un attimo di deconcentrazione per beccare il pernacchione. Invece no.
Invece l’Inter ha ricominciato da grande squadra, conscia del fatto di poter dominare in lungo e in largo l’avversario; corriamo un pericolo, l’unico, incornata di Ciofani che De Vrij si era perso intento, in un momento di calo di tensione, a guardare le stelle nella notte milanese, che gli ultimi giorni il tempo ha fatto letteralmente schifo. Incidente di percorso, perché Lautaro decide di raddoppiare incrociando di precisione un gran traversone del redivivo Keita, e mostrando di poter essere tranquillamente non solo il presente ma, soprattutto, il futuro nerazzurro; non è questione di toccare palle, ferro, cornetti rossi e tutto quanto fa spettacolo, il ragazzo ha numeri da gran calciatore e se non ha chiuso la partita con una doppietta personale è stato solo per un volo plastico di Sportiello formato novello Superman, capace di smanacciare una botta dai venticinque metri diretta verso l’incrocio dei pali alla sinistra del portiere giallo azzurro.
In questa serata che non passerà alla storia come leggendaria ma è stata importante ogni oltre ragionamento da bar dopo un paio di cicchetti, emerge sempre più prepotente la figura di un ragazzotto arrivato in punta di piedi a Milano, interrompendo la luna di miele per firmare il contratto, con fame di vittoria e carattere da vendere: Matteo Politano. Per il quale andrebbe sprecata più di qualche parola. Poli chi? Ritornello estivo, più che altro il mantra risibile degli stessi che avrebbero ceduto Icardi per Gabbiadini e qualche chilo di frutta secca o, meglio ancora, che Skrini chi? Tutti giudici, magari aspettare prima di ciarlare porta a fare meno brutte figure.
Ah, dimenticavo; migliore in campo Handanovic. L’ho sentito davvero in televisione. Giurin giuretta. Una chicca per veri esperti.
L’Inter ha vinto, viva l’Inter.
Un ottimo allenamento; la partita che conta è sempre la prossima, quindi testa, cuore e palle a Londra.
Dove NON si va a fare i turisti, sebbene sia la mia città europea preferita.
Ad Maiora.
Gabriele Borzillo