News
Dario Hubner, il Bisonte col vizio del gol
Published
8 anni agoon
By
RedazioneErano gli anni 80/90, il calcio era diverso, meno creste più calci, meno soldi più pallone, meno immagine più concretezza e i nueve erano tutt’altro che falsi, ma verissimi.
Gli anni dove il procuratore contava fino ad un certo punto (zero Mino Raiola), i social non esistevano e se eri un bomber eri un bomber, punto.
Lui lo era, decisamente. C’era chi lo chiamava #Tatanka, chi #Bisonte o chi semplicemente #Darione. Ora, se siete della mia generazione, sicuramente avrete capito di chi sto parlando, per i più giovani il giocatore in questione è #DarioHubner.
Come si fa raccontarlo a chi non l’ha vissuto?
Avete presente Neymar? Classe, fantasia, estrema cura dell’immagine..? Ecco, dimenticatevelo. Una cosa sola hanno in comune questi due: Il Goal.
Classe ’67, unico giocatore assieme ad un altro bomberissimo, Igor Protti, ad esser stato capocannoniere in serie A, serie B e serie C.
A Fano in C2 conquista la promozione, al Cesena fa 5 stagioni tutte in doppia cifra, robe di 77 timbri in 166 partite (in una stagione diventa anche capocannoniere), i romagnoli vanno in C1 e Hubner passa al Brescia, un capitolo fantastico della sua carriera. Anche qui sono valanghe di reti, 75 in 129 partite, gioca con Roby Baggio, diventa l’idolo della città e riesce anche a trascinare la squadra ad una storica qualificazione in Intertoto. Nel 2001 va a Piacenza, pagato 6 miliardi e li ripaga tutti diventando capocannoniere anche in Serie A, nonostante i limiti della squadra lui è li in alto a contendere il titolo di miglior marcatore a gente del calibro di Ronaldo e Trezeguet, non so se mi spiego.
Nel 2002 va in tournèè estiva in prestito col Milan, ma poi torna a Piacenza e il resto è un girovagare per l’Italia: Ancona, Perugia e Mantova dove ritroverà il suo grande compagno Paolino Poggi, ultima stagione di livello.
Il resto è storia attuale, qualche panchina volante come allenatore, grappini e sigarette e un fiume di semplicità, cosi tanta da renderlo speciale.
Ecco a voi DARIO HUBNER!
Sei stato l’idolo della nostra generazione, senza grilli per la testa, senza creste e tatuaggi, ma con in mente solo una cosa: Fare goal. Come lo vedi il calcio di oggi? Quali sono le più’ grandi differenze rispetto al tuo?
“E’ tutto diverso. Il mio era un calcio “familiare”, negli anni ’80/90 la squadra era veramente un gruppo di amici, si andava tutti insieme a giocare la domenica con lo spirito della compagnia di amiconi, cercavamo sempre di ottenere il massimo e non c’erano distrazioni ma c’era una grande amicizia tra noi giocatori.
Anche le società erano totalmente diverse, era una gestione – come detto prima – familiare, i presidenti non erano visti come dei magnati o dei capi ma come dei genitori, ti parlo di gente come Lugaresi o Corioni.
Oggi invece contano i soldi, i presidenti non sono vicini alla squadra ma investono e basta, che poi anche prima erano importanti i soldi ma c’erano valori totalmente differenti“.
Vedi nel calcio di oggi, un attaccante che nel modo di giocare assomiglia a te, un nuovo Dario Hubner?
“Sai, mi facevano questa domanda anche quando giocavo e non sapevo mai rispondere.
Il fatto è che credo che ogni attaccante sia una cosa a sé: Hubner era Hubner, Rumenigge era Rumenigge, Vieri era Vieri ed ‘è giusto così , ogni giocatore dev’essere unico, a suo modo.
Posso dirti che in questo momento mi piace molto e può fare bene in futuro Mattia Destro: si muove bene davanti, mi piace la sua intelligenza calcistica, capisce sempre dove deve stare e dove arriverà il pallone e ha un gran senso del gol. Si, mi piace molto“.
Capitolo calcio italiano: Scandali e problemi… cosa ne pensi dell’ultimo appena uscito sul catania?
“Qui ci ricolleghiamo a ciò che dicevamo prima, è un calcio guidato dai soldi, dall’economia.
Non sono cose belle da sentire, per i tifosi, per noi ex giocatori e per il calcio stesso“.
Quando hai lasciato l’attività, hai avuto qualche esperienza come allenatore ma nulla di continuativo… oggi torneresti nel mondo del calcio?
“Si, certo. Ho fatto il corso di allenatore, ma ti dico la verità sto facendo fatica a trovare squadra, non riesco a trovane una di eccellenza per mettermi in mostra. Forse perché il calcio moderno è basato su immagine e sponsor e io di sponsor non ne ho, sono un uomo di campo. Ci sono certe dinamiche nel calcio dilettantistico molto ‘complicate’, diciamo“.
Ti manca il calcio?
“E’ stato la mia vita per vent’anni, il mio lavoro e mi ha regalato emozioni stupende.
Non giocare mi manca, certo. Quando guardo gli altri, un po di invidia ce l’ho, anche quando vedo ex giocatori che allenano e io no, ma è un altro discorso questo…“
Torniamo ai ricordi: hai segnato ovunque, hai fatto bene in tante squadre, ma c’è un momento che conservi dentro con particolare emozione?
“Guarda, ho avuto la fortuna di avere fatto bene in quasi tutte le società in cui sono stato, parlandoti di un singolo episodio mi sembrerebbe di sminuirne altri. Gli anni a Cesena sono stati fantastici, ma anche a Fano in serie C sono state stagioni bellissime, i gol a Brescia con Roby Baggio, a Mantova dove abbiamo vinto il campionato in C e non posso dimenticare l’anno di Piacenza in cui son stato capocannoniere di serie A. Stupendo.
Con tutte queste città ho un rapporto fantastico e me lo dimostrano ogni volta che ci torno, spesso giochiamo partite di beneficenza a Brescia, ad esempio,e sento ancora il calore e l’amore dei tifosi. Con la gente ho sempre avuto e ho ancora oggi un rapporto eccezionale“.
Chi è stato il compagno d’attacco perfetto per te?
“Non è facile, ho avuto compagni di reparto fortissimi. A cesena eravamo io , Scarafoni e Dolcetti e ci conoscevamo a memoria, bastava uno sguardo e sapevamo già cos’avremmo fatto. A Piacenza devo ringraziare Paolino Poggi, è stato lui a farmi vincere la classifica cannonieri, insieme a Gautieri e Di Francesco, sai quando fai gol non è solo merito di chi la butta dentro, ma di tutta la squadra e di tutto il reparto.
Ah non posso dimenticarmi di un campione assoluto… Roberto Baggio a Brescia, lì avevamo anche un certo Andrea Pirlo. Fantastico. Vedi, è difficile, parli di uno e rischi di sminuire gli altri…“
C’è qualche tuo ex compagno con cui sei ancora in contatto? Con chi avevi il rapporto migliore?
“Devo dire che durante gli anni da calciatore ho sempre avuto buoni rapporti con quasi tutti, pero sai gli anni passano e con molti ci si perde di vista. Sento spesso i gemelli Filippini, li ho visti proprio ieri sera ad una partita di beneficenza, poi loro sono bresciani, vivono a Brescia e io passo spesso da quelle parti. Per gli auguri comunque ne sento molti, oggi coi messaggini è tutto più semplice. Ci facciamo gli auguri anche con Roby Baggio, un grande“.
A Brescia e a Piacenza sei stato un idolo. Oggi i lombardi son retrocessi in serie C (ripescati probabilmente in B dopo lo scandalo “Catania) e gli emiliani falliti a suo tempo… che effetto ti fa?
“Mi dispiace, mi dispiace davvero molto. Vedo il Piacenza che ha passato quello che ha passato, il Mantova che è fallita, il Brescia che soffre. Evidentemente sono società che nella gestione economica han sbagliato qualcosina e nel calcio attuale si paga a caro prezzo. Oggi è così. Non dobbiamo lamentarci quando vediamo squadre come Carpi e Frosinone in A, se lavorano bene ad un progetto e utilizzano al meglio le loro risorse è giusto che vengano premiate dal campo, a differenze delle altre che falliscono. Comunque capisco anche il discorso di Lotito, i diritti tv di squadre di città grosse sono più appetibili… ma ben vengano i successi di chi lavora bene“.
Com’è stato il passaggio da bomber, da calciatore di serie A alla vita di tutti i giorni?
“Onestamente per me è stata una cosa semplicissima, ciò che facevo da calciatore lo faccio ancora adesso. Ho vissuto il calcio a mio modo, in maniera distaccata, finite le due ore di allenamento o la partita della domenica staccavo completamente. La mia vita era la mia vita, il calcio era il calcio. Riuscivo a tenere le cose separate e oggi continuo a vivere a mio modo“.
Devo chiedertelo per forza, le leggende sulla marlboro all’intervallo erano vere?
“E’ vero, devo ammetterlo ma, ahimè, dev’essere chiaro che è una cosa sbagliata e che fa male, ma era chi aiutava a scaricare la tensione. A fine primo tempo c’era chi si sdraiava a farsi fare i massaggi, chi si beveva i sali minerali e chi come me si chiudeva in bagno e si accendeva una Marlboro“.
Oggi chi è Dario Hubner?
“Un padre di famiglia che cerca di essere un bravo papà con i suoi due figli e un ex giocatore che cerca una situazione giusta dove allenare e tramandare insegnamenti e valori, gli stessi che mi han permesso di fare bene nel mondo del calcio.
Aspetto la giusta chiamata“.
In Collaborazione con Robe di Calcio
|
|
|
You may like
Ha ragione Allegri: De Laurentiis comprasse di più e parlasse di meno se vuol vincere lo scudetto!
Se la Juve ruba, perché gli interisti adesso acclamano Marotta come il miglior dirigente in circolazione? Fate pace col cervello!
Ma nello scambio Bonucci-Caldara non era il Milan ad averci guadagnato? I fatti dicono il contrario, ma Leonardo è un genio e alla Juve hanno l’anello al naso…
La Juve vince perchè è la più forte e ha in squadra il più forte al mondo, non per il rigorino che comunque c’era come c’era quello su Dzeko, ma nessuno lo dice…
Quelli che parlano di Scansuolo si guardino il gol di Ounas e tacciano per sempre!!!
Valencia-Juve, il Cicciopensiero: l’importanza di sentirsi consapevole