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TRIS REAL; QUANDO VINCERE AIUTA A VINCERE!
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7 anni agoon
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RedazioneNon è un semplice luogo comune; una di quelle frasi buttate lì quando non si sa bene cosa dire.
Vincere tre Champions League consecutive non è da tutti; non c’era mai riuscito nessuno da quando la competizione ha assunto questa denominazione ed anche quando ancora si chiamava “soltanto” Coppa dei Campioni, la tripletta mancava dal 1976, anno in cui centrò l’obiettivo il Bayern, bissando quanto fatto dall’Ajax dal 1971 al 1973.
Ci sono voluti 42 anni per ripetere l’impresa e c’è voluto Carlo Ancelotti. Già, perché è stato il neo allenatore del Napoli a portare la tanto agognata decima a Valdebebas. Spezzato l’incantesimo, la consapevolezza di un gruppo (che è di fatto lo stesso da un lustro, ndr) ha fatto sì che potessero poi arrivarne altre tre in fila sotto l’egida di Zinedine Zidane (col solo inframezzo del Barcellona), l’uomo che con quella girata meravigliosa consegnò proprio l’ultima Champions a Vicente Del Bosque nella notte di Glasgow.
Ma tutto questo è il passato; ritornando al presente, la notte di Kiev ha messo in chiaro fin da subito la differenza tra chi è abituato a vincere e chi non è ancora pronto a certi appuntamenti.
Certo, sembra strano affermar ciò dopo aver visto i primi 20′ del Liverpool di Klopp, che ha chiuso il Real nella sua area ed ha avuto una maxi palla-gol con Alexander-Arnold.
Ma qui sta la forza della grande squadra; lascia sfogare gli avversari e poi ne mina le certezze minuto dopo minuto. Dapprima è stato Cristiano Ronaldo che, malgrado una prova altamente al di sotto della proprie possibilità, ha messo i brividi con una sventola alta di poco. Poi ci ha messo lo zampino Sergio Ramos, che con un abile trucchetto ha cinturato il braccio di Salah, mettendo ko il pericolo pubblico numero uno (intendiamoci, il capitano madrileno ha fatto quello che fa ogni difensore quando cade; ha trascinato giù con sé l’avversario per impedire che questi si rialzasse prima di lui e sfruttasse la superiorità numerica. Però, con questo espediente, è facile che chi rimane sotto abbia la peggio, ndr).
Con Salah fuori gioco, le sicurezze dei Reds sono venute meno ed il gol annullato a Benzema al termine della prima frazione ha mandato definitivamente al tappetto la tenuta psicologica di chi non è abituato a questi eventi.
E questa scarsa abitudine è esplosa in maniera inequivocabile ad inizio ripresa. Un eccesso di sicurezza, una leggerezza che in certe partite non è tollerabile, una papera che sarebbe diventata certamente la sigla di Mai dire Gol se andasse ancora in onda. Loris Karius è il simbolo della non abitudine a disputare certe partite. E poco importa se dopo soli 4′ il Liverpool pareggia; il Real non perde la calma ed anzi decide di tornare in vantaggio con l’uomo più criticato e con il gol più bello della storia delle finali di Champions; più della girata di Zidane di cui sopra, più del pallonetto di Savicevic ad Atene, più del gol di Magath. Gareth Bale, quello con la valigia pronta per abbandonare Madrid, l’ex mister 100 milioni, ancora una volta segna il 2-1 in una finale.
Nel 2014 lo fece nei supplementari, stavolta con una rovesciata che offusca persino quella di CR7 a Torino, 3′ dopo aver messo piede in campo. E non gli basta, perché se da un lato Mané prende il palo, dall’altro i blancos non si scompongono ed anzi, ancora il gallese chiude la gara. Un tiro senza pretese, ma fatto con la consapevolezza che tra i pali c’è un portiere in deficit di fiducia. Ed infatti arriva l’errore, la papera, la pietra tombale sulla Champions, sulle speranze di Klopp di porre fine alla maledizione che lo vede sempre sconfitto in finale.
Perché vincere aiuta a vincere mentre, sull’altro fronte, perdere ti fa aver paura di perdere e alla fine perdi…
Ciccio Mariello
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