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Lo strillo di Borzillo – E alla fine arriva… il Ninja!
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6 anni agoon
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RedazioneSettimana di passione in casa Inter. E ti leviamo la fascia; ah si? Allora non vengo a Vienna, cicca cicca…E non cambiamo opinione. Bene, allora ho l’infiammazione al ginocchio. Però faccio fisioterapia alla caviglia…Eh, ma devi capire il bene della squadra…E non capisco siete stati cattivi…
Tutto così, tutta una telenovela sudamericana che Ciranda de Pedra, volendo guardar bene, potrebbe assurgere al ruolo di candidata per l’Orso d’oro a Berlino.
In un clima del genere, stracci in faccia e chiunque ad esprimere opinioni più o meno richieste – alcuni con un senso, molti altri per il piacere tristanzuolo di chiacchierare sul nulla senza sapere niente, la solita mandria dei so tutto io e voi non capite un cazzo, tipico mood social e non solo – il giovedì di Coppa meno nobile era stato archiviato con un successo striminzito ai danni di una squadra oggettivamente poca roba, con tutto il rispetto possibile e immaginabile. Occhi e mirini puntati sulla domenica, che la Samp è altro, soprattutto viene da una sconfitta strana, immeritata, occupa una posizione importante in classifica e gioca con schemi gradevoli e collaudati. Della serie avversario ostico, uno dei peggiori potesse capitare. Del resto siamo l’Inter, per noi non esiste niente di facile.
Lasciando perdere la buffonata del solito pietoso orario d’inizio sul quale non mi dilungo ma al quale ci siamo abbonati ormai, Lucianone nostro si trova con gli uomini contati; perché quelli sono, in barba ad una rosa che la scorsa estate sembrava quasi completa. Dico quasi, in mezzo sapevamo di essere molli e appena sufficienti. Che se a Brozovic viene un raffreddore ancora oggi mi chiedo chi possa svolgere i suoi compiti.
Fa caldo a Milano; e non dal punto di vista dello spogliatoio nerazzurro. Fa proprio caldo meteorologicamente intendo. Roba da inizio aprile. Non sono allo stadio, stavolta avevo deciso di non andarci preferendo il ritorno di Europa League. Me li vedo dal divano di casa, magari con birretta e qualche stuzzichino che mi apra lo stomaco in previsione di spaghetto al pomodoro a seguire, che a me lo spago al pomodoro e qualche foglia di basilico mette libidine allo stato brado. Mi accontento di poco direte, manco per niente rispondo; lo spago al pomodoro è un casino da farsi, personalmente non lo trovo per nulla un piatto semplice. Ma bando a discorsi culinari, torniamo a parlare di pallone.
Si gioca, senza Icardi e con Lautaro finalizzatore. D’Ambrosio in vece di Cedric, il rientro di Gagliardini, Dalbert a sinistra e Politano-Perisic esterni alti. Mi vien da dire, scusate l’inciso, va bene che siano esterni, va bene che siano alti, ma falli giocare meno vicini alla linea laterale, altrimenti il giovane ragazzotto argentino di belle speranze sta lì, nel mezzo della difesa doriana, senza che nessuno gli dia una mano. Comunque, dal momento che io non ho fatto il supercorso di Coverciano e nemmeno il corso di lingua in cinque videocassette, Spalletti ne capisce sicuramente di più e fa ciò che meglio gli aggrada.
Iniziamo discretamente, svengo sul bracciolo quando Gagliardini estrae dal cilindro un magheggio vero, lancio di quaranta metri, che mette Lautaro davanti ad Audero. Ma il Toro, lasciatemi stare ‘sto ragazzo che fa cose da veterano ed è dotato di una capacità calcistica fuori dal comune, forse si allarga troppo e spara sull’estremo difensore blucerchiato, protagonista di una partita importante con interventi da cerchiolino rosso, domandando miseramente scusa all’accoppiata Clerici-Tommasi ai quali ho miseramente rubato i termini. Due mostri del giornalismo italiano, unici nel raccontare il tennis e non solo.
Insomma, sembra che la serata prometta bene; siamo sciolti, sul pezzo, a tratti divertenti. Ma duriamo poco. La Sampdoria pian piano esce dal guscio e ci spaventa, noi tiriamo il freno a mano e siamo spaventati. Perdiamo qualche pallone di troppo, un paio senza senso, regaliamo occasioni potenziali ai nostri avversari che, per fortuna, balbettano un pochetto. Doveri, nel frattempo, ammonisce chiunque vesta il nerazzurro, anche per un semplice indice nella narice.
Rientriamo e rischiamo di prendere gol, da polli. Ma, contrariamente alla prima frazione di gioco, reagiamo. Finalmente giochiamo da squadra, finalmente corriamo, finalmente lottiamo. Sbagliamo troppo sotto porta, purtroppo, e ciò non ci consente di segnare quanto dovremmo. Ma segniamo, con Danilo, che arriva come un treno in corsa su azione di c’era una volta Perisic. Meritato. Meritatissimo.
Ci siamo sbloccati, era ora. Tanto sbloccati che becchiamo gol dopo due minuti; incespicano in tre sul pallone, si infila Gabbiadini – incredibile – e fulmina il novello capitano. Ma porca zozza.
Penso: ecco qua, adesso andiamo in pappa, per tornare all’argomento cucina. Invece no, invece ricominciamo a giocare come se nulla fosse accaduto e Radja, dopo tre minuti, la mette. Il Ninja. Tra parentesi, la condizione del belga sta salendo poco alla volta ma costantemente; ritrovassimo lui e Perisic potremmo dire la nostra non solo in campionato. Almeno così credo io. Ad ogni modo rischiamo zero e portiamo a casa tre punti pesantissimi, alla faccia di chi ci vuole male. Lo facciamo con convinzione e cattiveria sportiva. E, quel che più conta, in una settimana complicatissima per qualunque spogliatoio.
Ci vediamo giovedì sera al Meazza.
Buona giornata.
Gabriele Borzillo