News
Lo strillo di Borzillo – Icardi 2, il ritorno
Published
6 anni agoon
By
RedazioneQuindi luce fu. Dopo una notte lunga, lunghissima, fatta di ripensamenti, certezze, incertezze, di nuovo ripensamenti, un panino col lampredotto accanto ad un bicchiere di Chianti di quello buono, raccontano le cronache che Spalletti prese la decisione. Così, verso le sei del mattino di martedì, pare abbia telefonato a casa Icardi comunicando al giocatore che non solo sarebbe stato convocato ma, addirittura, avrebbe giocato.
Tralasciamo l’uscita davvero inopportuna, usiamo un termine edulcorato per rispetto nei confronti di chi ci legge e dei diretti interessati, del post Lazio, partita persa non tanto da chi in campo c’era ma, soprattutto, da chi ce li ha mandati e come ce li ha mandati. Non importa, incidenti di percorso. Sbagliano i grandissimi, sarà libero di sbagliare anche il nostro qualche volta? Peccato scelga spesso le partite non adatte all’errore, ma questo è un altro paio di maniche. Tralasciamo quell’uscita, si diceva; mi piacerebbe tanto cercare di capire cosa sia cambiato nella testa e nei pensieri del tecnico di Certaldo nel breve volgere di qualche ora. Perché è difficile dire la sera che tizio non è né Messi né Ronaldo ed il mattino dopo, improvvisamente, tizio è il nostro Messi ed il nostro Ronaldo messi insieme. Senza far nomi, beninteso.
Genoa-Inter non è, in questo caso, un classico del calcio italiano (a margine vorrei ricordare che il Grifone appartiene al novero delle squadre che hanno costruito la storia del calcio italiano, la storia seria, non le pantomime a cui il pallone ci ha abituati ultimamente); molto più semplicemente è la partita del ritorno del figliol prodigo. Ometto, volutamente, di raccontare da capo tutta la vicenda per evitare che gli uomini si martellino gli zebedei e le donne martellino quelli dei mariti/compagni/fidanzati/chi volete voi.
Sta di fatto che ad Appiano, a quanto risulta, nessuno ha ucciso il vitello grasso; anzi, da informazioni di prima mano il quadrupede, per fortuna, gode di ottima salute. Sussurrano quelli bravi di un patto (e che palle con ‘sti patti, ogni settimana ce n’è uno diverso) tra giocatori per trascinare l’Inter in Champions e, ad obbiettivo raggiunto, salutarsi senza alcuna disperazione. Chi vorrà resterà (insomma), chi no partirà verso nuove mirabolanti avventure, magari oltremanica che pare meta gradita e gettonata.
Spalletti rispolvera Gagliardini dal primo minuto, dopo averlo colpevolmente dimenticato nell’armadietto domenica sera; accanto al ragazzone bergamasco Brozovic con Nainggolan dal primo minuto schierato laddove avrebbe dovuto stare dalla prima giornata di questo tormentato campionato, sugli esterni Perisic e Politano a supporto di lui, del Mauro che in cinquantatre giorni è riuscito a dividere una tifoseria intera in pro e contro.
L’Inter comincia bene, con piglio, con grinta, come per volersi gettare alle spalle la serataccia dell’ultimo, disgraziato, fine settimana. Il Genoa, che Prandelli sistema con una sorta di 442 della serie copriamo e ripartiamo per far male, non offre segnali di vita. E dai e dai dopo un quarto d’ora, su pallone interessante e teso scodellato in mezzo all’area rossoblù dal mancino in questo caso educato di Asamoah, finta intelligente del croato meno amico di Icardi ed inserimento vincente del Gaglio. Già, proprio suo. Proprio di quello lasciato in naftalina ancora non si capisce perché il turno precedente. Uno a zero, meritato, e palla al centro.
Aspetti la reazione genoana, che non esiste. Anzi, in contropiede, perfetto pallone d’oro offerto da Perisic ad Icardi che, solo davanti a Radu e con la porta spalancata, riesce nell’impresa di centrare la base del palo. Ecco, in questa occasione mi sono lascato andare: birbantello, ho gridato, per Giove, che scalogna. Siete liberi di non credere a ciò che ho appena scritto.
Comunque passa poco tempo, Icardi d’astuzia anticipa il diretto marcatore e, mentre sta per tirare, viene letteralmente affossato con presa simil rugby dall’avversario. È rigore, netto. E se è rigore è anche espulsione, inevitabile. Icardi prende il pallone stile giardinetti e, freddo come il ghiaccio, trasforma imparabilmente. Due a zero, partita di fatto chiusa.
Il secondo tempo è un allenamento dove Mauro manda in gol l’amico-nemico Ivan e c’è pure il tempo per festeggiare la doppietta di Gagliardini, che ha segnato più al Genoa che non in tutta la sua carriera nella massima serie.
Finisce bene, con abbracci e pacche sulle spalle. Ma non è successo nulla, il cammino è lunghissimo per giungere alla meta. Certo, magari si fosse evitata l’Icardeide con tutte le sue sfaccettature oggi parleremmo di qualche punticino in più. Forse.
Iniziamo ad accontentarci; soprattutto, mettiamo – anzi mettano – da parte gelosie, ripicche, antipatie et similia. Il bene primario è l’Inter, non se lo scordino mai. Questa tifoseria si merita palcoscenici importanti; non sceneggiature di terz’ordine.
Alla prossima.
Gabriele Borzillo