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Un’Inter troppo brutta per essere vera…
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6 anni agoon
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RedazioneE niente, finalmente l’Inter riesce a strappare un punto al Real Sassuolo. Che, detta così, ti vien da piangere. Aggiungerei, a completamento analitico, un punticino misero ed immeritato, ottenuto grazie alle parate di Samir e non certo attraverso il gioco, questo sconosciuto. Imbarazzante il passo indietro della squadra rispetto a Napoli e addirittura Empoli, dove già si era faticato fin troppo riuscendo comunque a colpire e difendere il misero gollonzo di Keita.
In una atmosfera surreale, con undicimila bambini chiassosi a far da cornice ad Icardi e compagnia cantante – spiace tanto per loro e mi auguro spiaccia ancor più ai giocatori interisti aver offerto una prestazione non all’altezza, e siamo gentili – i nerazzurri cercano l’allungo nei confronti delle dirette concorrenti per un posto al sole; complice il calendario sulla carta più agevole, ma ‘sta puttanata della carta deve finire, Spalletti ed i suoi devono correre emulando le cicale. Mettere punti in cascina per i tempi che verranno.
È sabato sera, e già a me giocare il sabato sera fa girare le palle parecchio; vorrei tanto andarmi a mangiare una pizza, una birretta, quattro chiacchiere con gli amici. Invece no, invece mi tocca assistere allo spettacolo circense del pallone. Che andrebbe pure bene, per carità. Se non fosse uno spettacolo tipo quello di ieri. Ma andiamo con ordine.
Scendiamo in campo col solito modulo, ormai lo conoscono anche al torneo serale del Giambellino; Mauro stoccatore unico, accanto Politano e Perisic, mentre Joao Mario staziona, fuori ruolo, alle sue spalle. In mezzo Vecino – il ragazzo o non sta bene, e allora lo si lascia in panchina o, se ha questa condizione pur stando bene, lo si lascia in panchina lo stesso – e Brozovic. Dietro i soliti quattro con D’Ambrosio preferito a Vrsaljko, assolutamente insufficiente il rendimento del terzino vice campione del mondo da settembre ad oggi, qualche dubbio sul riscatto eventuale inizia a serpeggiare. E pronti via cominciamo senza capirci nulla. Ma nulla vero. Tanto che, per circa mezz’ora, siamo in totale balia degli emiliani modello Barcellona, loro stessi così sbigottiti da sbagliare tutto il possibile negli ultimi venti metri. Per fortuna nostra, aggiungo.
Noi nel primo tempo si rischia di segnare con Politano, paratona di Consigli che quando ci vede viene posseduto dallo spirito di Zamora, quasi quasi Vecino, poi niente. Calci d’angolo e punizioni buttate via con nonchalance, quasi come me ai bei tempi durante le partitelle al Forlanini nelle sere d’estate. Si prendevano due giubbotti che fungevano da pali e via, correndo fino allo svenimento per un paio d’ore, trenta gradi e l’afa di luglio. Ma poi, giustamente, cosa ve ne frega delle mie serate pallonare…torniamo all’attualità, anche se sarebbe meglio parlare del Forlanini (per i non milanesi trattasi di grande parco a ridosso dell’omonimo aeroporto).
Tè caldo, facciamo pure caldissimo vista la temperatura, una chiacchiera nello spogliatoio – evidentemente infruttuosa vista l’enfasi mostrata nella ripresa – e di nuovo in campo per mirabolanti avventure. Che non ci sono e non ci saranno neppure, lo capisci dopo cinque minuti di pochezza tecnico tattica tale da far accapponare la pelle; gli altri, quelli del Sassuolo, continuano imperterriti nel loro sporco lavoro mentre noi li osserviamo come dire, intorpiditi, con la stessa lena di uno che ha appena finito di mangiare polenta e cinghiale. Samir, per molti tra i punti deboli di questa squadra – di tanto in tanto lo critico anch’io perché uno alto oltre il metro e novanta e rotti e pesante quasi cento chili deve SEMPRE uscire sui palloni spioventi, cosa che il nostro eroe evita e quando lo fa era meglio se evitava ma tra i pali è fortissimo, poche palle – toglie le famose castagne dal fuoco evitando una sconfitta davvero imbarazzante – a proposito di castagne, cribbio, troppi dieci euro per un cartoccio di caldarroste, io ero rimasto alle vecchie care 500 lire e tornavo a casa con la pancia come un tamburo –.
Spalletti, nel frattempo, osserva i suoi dalla panchina con una non troppo malcelata insoddisfazione. E ti vien da chiedergli; mister, acciderbolina, o caspiteronzola, vedete Voi, faccia qualcosa che la situazione è grama. Luciano ascolta e voilà, fuori Joao Mario vecchia versione e dentro Nainggolan. Mossa senza alcun effetto; il belga è lontano anni luce da una condizione atletica perlomeno accettabile ed ha lo stesso impatto di una goccia di pioggia nell’oceano. Intanto cerchi di domandarti dove sia finito il Radja ammirato nelle stagioni precedenti, ma la risposta non ce l’hai. Provi perfino a contattare il divino Otelma; segreteria telefonica e il mistero resterà tale non sappiamo ancora per quanto tempo.
Allora, visto l’andazzo, provi a chiedere nuovamente tramite televisore; Luciano, cambia qualcosa per cortesia, lo spettacolo non è dei migliori. Stavolta Spalletti nicchia, poi nicchia, poi nicchia ancora fino al minuto 80; dentro Borja (mah…) e Lautaro. Il quale, diciamolo, crea più grattacapi ai neroverdi in dieci minuti che i suoi compagni negli altri ottanta.
Finisce così, senza sorrisi, senza gioia, senza perché. Zero a zero, un punto portato a casa, una decina di passi indietro rispetto a dicembre. E lo spettacolo, dolcissimo, di undicimila ragazzini urlanti.
Siamo solo agli inizi, c’è un girone di ritorno da giocare. E, per fortuna, senza più Sassuoli di fronte.
Alla prossima.