Pallonate
‘Maledetti’ ma vincenti: perché alla Juve piacciono gli allenatori toscani?
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5 anni agoon
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RedazioneIrriverenti, sboccati, ironici, ma spesso e volentieri anche geniali. I toscani sono così, prendere o lasciare. Con quella parlata che alterna accenti in punta di fioretto e stoccate di aspirazione quasi estrema, tanto da diventare quasi un monologo teatrale. Che sia all’interno dello spogliatoio o davanti ai microfoni della sala stampa, non c’è dubbio che gli allenatori toscani abbiano spesso e volentieri un’innata capacità di calamitare l’attenzione.
Basti pensare che, tolto il ‘milanesissimo’ Trap, i due allenatori più vincenti della storia bianconera sono entrambi figli dal Granducato: tredici i titoli conquistati dal viareggino Marcello Lippi, undici quelli messi in bacheca dal livornese Max Allegri. E adesso toccherà ad un Maurizio Sarri, napoletano di nascita ma toscano d’accento e di pensiero, provare a proseguire sulla scia di vittorie lasciata dal corregionale.
Sì, ma come mai la sabauda e austera Juventus, inquadrata negli schemi della noblesse oblige imposti dall’Avvocato Agnelli, affida la sua guida a ‘toscanacci’ spesso e volentieri sopra le righe per vocabolario, temperamento o (in questo caso) abbigliamento?
Le risposte spesso e volentieri si trovano nei libri, e allora ecco venirci in soccorso il classico ‘Maledetti Toscani’ di Curzio Malaparte, che spiega così le relazioni (non troppo) diplomatiche dei suoi conterranei: “Di fronte ad un toscano, tutti si sentono a disagio. Un brivido scende nelle loro ossa, freddo e sottile come un ago”.
Gente da prendere con le molle, insomma. Caratteri spigolosi e creativi (chiedete a Lele Adani per conferma), evidenziati dalla vena polemica e dall’immancabile battuta pronta (ricordate cosa rispose quella volta Marcello Lippi a Taribo West?).
Tutte peculiarità (o luoghi comuni) di cui nemmeno Maurizio Sarri sembra esser sprovvisto, così come dalla canonica ‘sindrome da accerchiamento’ che, oltre che i toscani, attanaglia da sempre anche i tifosi juventini: “Il sospetto e l’inimicizia di altri popoli -si legge nel libro- ci fanno senza dubbio onore, essendo manifesti di rispetto e di stima. Nessuno ci vuol bene e, a dirla fra noi, non ce ne importa nulla”.
Non è del resto vero che la Juve, oltre ad essere la squadra più tifata d’Italia, è anche la più detestata dall’eterogenea massa (di cui Sarri si faceva peraltro portavoce) degli anti-juventini? La domanda è retorica, come scontato sarà l’obiettivo scalfito sulla pietra del contratto del buon Maurizio: portare una mentalità vincente anche oltre confine.
E chi, se non un toscano, per riuscire nell’impresa? Del resto, l’ultimo a farcerla fu proprio il toscano Lippi, l’ultimo a sfiorarla (due volte) il toscano Allegri. Ora tocca a Sarri. Perchè come dice il Malaparte: “Maggior fortuna sarebbe, se in Italia ci fossero più toscani e meno italiani”. Chissà se vale anche per l’Europa…
Carlo Tagliagambe
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