Amarcord
Editoriale – Sotto la neve un sogno chiamato Maldini
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Redazione20 gennaio 1985. In un’Italia ancora alle prese con gli enormi disagi causati da quella che sarebbe passata alla storia come la “nevicata del secolo”, il campionato affrontava la prima giornata del girone di ritorno di una stagione insolita, scandita dalla marcia trionfale della provinciale terribile Verona e dalle difficoltà di una Juventus impantanata nelle posizioni di rincalzo, con il pensiero ormai rivolto esclusivamente all’Europa e al sogno Coppa dei Campioni.
Forse per questo, non destò grande interesse la notizia che al “Friuli” di Udine, al primo minuto del secondo tempo di una gara che vedeva i padroni di casa in vantaggio per 1-0, aveva fatto il suo esordio con la maglia del Milan il sedicenne Paolo Maldini, figlio di quel Cesare capitano dei rossoneri campioni d’Europa nel lontano 1963.
Era un Milan di transizione, quello, che aveva sì superato il vulnus della doppia retrocessione, ma che era ancora ben lontano dai fasti dell’era-Berlusconi. Eppure, già si intravvedevano i germogli di un futuro più che promettente. In difesa già furoreggiavano Mauro Tassotti (peraltro assente a Udine causa stiramento), Franco Baresi e Filippo Galli; in mediana ecco la generosità del toscano Chicco Evani, senza scordare poi il baffuto attaccante Pietro Paolo Virdis, pure lui però out per infortunio. Insomma: tutte colonne dello squadrone che avrebbe dominato in Europa negli anni a venire. Arrivò quindi anche il turno di Paolo Maldini, quell’esile ragazzo già stella del vivaio che Nils Liedholm aveva buttato nella mischia al posto di Sergio Battistini. E anche qui, spuntarono aneddoti da tutte le parti. Dal fatto che Maldinino non indossasse nemmeno la tuta sociale della squadra, bensì un’elegante giacca e cravatta, alla presenza in tribuna di Ugo Tognazzi, tifoso rossonero doc, fino alla fatidica domanda rivoltagli dal maestro Nils: “Allora, Paolo, dove vuoi giocare? A destra o a sinistra?”.
Il Milan sarebbe riuscito poi a raddrizzare la partita acciuffando il pari con Mark Hateley, ma la cosa ancor più importante fu che il Diavolo aveva ormai intrecciato la sua storia con quella di uno dei suoi campioni più amati e fedeli. Il vivaio italiano sfornò così (bei tempi…) l’ennesimo talento, destinato a scrivere pagine indimenticabili nella sotria del nostro calcio, mentre ai 20107 paganti di quel freddo pomeriggio udinese di 30 anni fa, restò nel cuore l’orgoglio di poter dire: “Io c’ero. Io ho visto debuttare Paolo Maldini”.
Luca Gandini
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