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Amarcord

Il catenaccio all’italiana

Il miglior attacco è la difesa: così gente come Rocco e Herrera costruirono i loro trionfi!

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Il catenaccio all’italiana

Il catenaccio è uno dei sistemi di gioco più celebri e controversi della storia del calcio, associato in particolare all’Italia e alla sua tradizione difensiva.

Nato come risposta tattica per neutralizzare le squadre più offensive, è stato perfezionato nel corso degli anni, diventando il simbolo di un’epoca del calcio italiano.

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Le origini del Catenaccio

L’idea di un sistema difensivo rigido non è nata in Italia, ma in Svizzera. Negli anni ’30, l’austriaco Karl Rappan, allenatore del

Servette e poi della nazionale svizzera, sviluppò un sistema chiamato “Verrou” (che significa “chiavistello” in francese).

Questo prevedeva l’uso di un libero, un difensore staccato dagli altri che aveva il compito di coprire gli errori dei compagni e intercettare gli attacchi avversari.

L’introduzione in Italia: il Padova di Rocco

Il catenaccio fu adottato in Italia negli anni ’50, ma fu l’allenatore Nereo Rocco a renderlo famoso con il Padova.

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Rocco prese spunto dal “Verrou” svizzero e lo adattò al calcio italiano, puntando su una difesa solida e ripartenze veloci.

Il concetto chiave del catenaccio all’italiana era:

  • Una difesa compatta con marcature rigide.
  • L’utilizzo del libero, un difensore senza marcatura fissa che interveniva in aiuto dei compagni.
  • Lanci lunghi per sorprendere la difesa avversaria con contropiedi letali.

L’apice con l’Inter di Herrera

Negli anni ‘60, il catenaccio divenne una vera e propria filosofia grazie ad Helenio Herrera, allenatore dell’Inter.

Herrera perfezionò il sistema di gioco, aggiungendo maggiore atletismo e disciplina tattica, trasformandolo nella leggendaria “Grande Inter”.

Con il libero Armando Picchi e le ripartenze di giocatori come Sandro Mazzola e Jair, l’Inter di Herrera vinse tre Scudetti, due Coppe dei

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Campioni e due Coppe Intercontinentali, portando il catenaccio al massimo livello internazionale.

L’evoluzione e il declino del Catenaccio

Negli anni ‘70 e ‘80, il catenaccio iniziò a perdere efficacia. Le squadre europee, come l’Ajax di Cruyff e il Milan di Sacchi, iniziarono a proporre un calcio più offensivo e dinamico, basato sul pressing e sul possesso palla.

L’Italia, però, continuò a farne uso con successo:

  • Il Milan di Nils Liedholm negli anni ‘70 giocava con un libero (Franco Baresi).
  • La Nazionale italiana del 1982, guidata da Bearzot, utilizzò ancora elementi difensivi per vincere il Mondiale.
  • L’Italia di Trapattoni e Capello negli anni ‘90 continuò a puntare su una solida organizzazione difensiva, seppur con un calcio più offensivo rispetto al passato.

Con l’arrivo del nuovo millennio, il libero scomparve del tutto e il catenaccio venne sostituito da moduli più moderni, come la difesa a zona e il pressing alto.

Tuttavia, la mentalità difensiva italiana rimase viva, come dimostrato dalla vittoria del Mondiale 2006, ottenuta con una difesa impenetrabile guidata da Fabio Cannavaro.

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Conclusione

Il catenaccio è stato una delle tattiche più discusse e vincenti della storia del calcio. Se da un lato ha portato a grandi trionfi, dall’altro è

stato spesso criticato per il suo atteggiamento difensivo e poco spettacolare. Nonostante il suo declino, la filosofia difensiva italiana ha

continuato a influenzare il calcio moderno, dimostrando che organizzazione e disciplina possono ancora fare la differenza in campo.

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