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Amarcord

La Saeta Rubia

Nessuno come Alfredo Di Stefano ha saputo incarnare il prototipo del calciatore totale, capace di giocare ovunque!

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La Saeta Rubia

Alfredo Di Stéfano è stato uno dei più grandi calciatori di tutti i tempi, una leggenda che ha segnato un’epoca e cambiato per sempre il calcio moderno.

Conosciuto come la “Saeta Rubia” per la sua velocità e il suo caratteristico colore di capelli biondo chiaro, è stato il simbolo del grande

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Real Madrid degli anni ‘50 e ‘60, vincendo cinque Coppe dei Campioni consecutive e rivoluzionando il ruolo dell’attaccante.

Gli inizi in Argentina e la consacrazione in Colombia

Alfredo Di Stéfano nacque a Buenos Aires il 4 luglio 1926 da una famiglia di origini italiane. Iniziò la sua carriera nel River Plate, dove vinse il campionato argentino nel 1945.

Tuttavia, a causa di uno sciopero dei calciatori nel 1949, lasciò il paese per giocare in Colombia, con il Millonarios di Bogotá, dove divenne un’icona.

In Colombia, Di Stéfano si trasformò in un giocatore totale: non solo segnava, ma partecipava alla costruzione del gioco,

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arretrando spesso per prendere palla e impostare l’azione. Questo stile dinamico lo rese un attaccante atipico e rivoluzionario per l’epoca.

L’arrivo in Europa e la guerra tra Real Madrid e Barcellona

Nel 1953, Di Stéfano era il giocatore più conteso del mondo. Il Barcellona aveva raggiunto un accordo con il River Plate, mentre il Real Madrid trattava direttamente con il Millonarios.

Ne nacque una disputa senza precedenti che coinvolse perfino la FIFA e il governo spagnolo. Alla fine, il Real Madrid riuscì a portarlo nella capitale, un colpo che cambiò la storia del club e del calcio mondiale.

L’epoca d’oro con il Real Madrid

Con l’arrivo di Di Stéfano, il Real Madrid divenne il club più dominante d’Europa. Tra il 1956 e il 1960, i Blancos vinsero cinque Coppe dei Campioni consecutive, un record ancora imbattuto.

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La Saeta Rubia fu il protagonista assoluto, segnando in tutte le finali europee disputate e trascinando la squadra con le sue prestazioni incredibili.

Oltre ai successi continentali, Di Stéfano conquistò 8 campionati spagnoli, 1 Coppa Intercontinentale e numerosi trofei individuali, tra cui 2 Palloni d’Oro (1957 e 1959).

Un giocatore totale

Di Stéfano non era un classico centravanti: giocava ovunque, attaccava, difendeva, impostava il gioco.

Il suo stile di gioco ispirò generazioni di campioni e divenne il modello del “calciatore universale”, capace di coprire tutto il campo con intelligenza tattica e una tecnica sopraffina.

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Come disse Johan Cruyff, uno dei suoi grandi estimatori:
“Di Stéfano era il calcio. Sapeva fare tutto e lo faceva meglio degli altri.”

La carriera in Nazionale e il Mondiale mancato

Nonostante il suo talento straordinario, Di Stéfano non giocò mai un Mondiale. Questo perché nella sua carriera vestì le maglie di tre nazionali diverse:

  • Argentina (1947): vinse la Copa América, ma non partecipò ai Mondiali perché il paese si ritirò dall’edizione del 1950.
  • Colombia (1949): giocò alcune partite non ufficiali mentre era al Millonarios.
  • Spagna (1957-1961): divenne cittadino spagnolo e giocò per la Roja, ma la Spagna non si qualificò per il Mondiale 1958. Nel 1962 si infortunò e non poté giocare la Coppa del Mondo in Cile.

Gli ultimi anni e l’eredità lasciata

Di Stéfano lasciò il Real Madrid nel 1964 e chiuse la carriera all’Espanyol due anni dopo. Successivamente, intraprese la carriera da

allenatore, guidando diverse squadre tra cui il Boca Juniors, il Valencia (con cui vinse la Liga nel 1971), e lo stesso Real Madrid.

Nel 2000, fu nominato Presidente Onorario del Real Madrid, un riconoscimento alla sua straordinaria carriera con i Blancos.

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Si spense il 7 luglio 2014 a 88 anni, lasciando un’eredità incancellabile nel calcio mondiale.

Conclusione

Alfredo Di Stéfano non è stato solo un campione, ma un pioniere del calcio moderno. Il suo modo di giocare ha ispirato generazioni di calciatori e il suo impatto è ancora visibile nel calcio di oggi.

Senza di lui, il Real Madrid non sarebbe la leggenda che è oggi, e il mondo del calcio sarebbe stato molto diverso.

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