Amarcord
Scirea, Zoff: “Campione di stile, mi manca il suo silenzio”
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10 anni agoon
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RedazioneDino Zoff sulla Gazzetta dello Sport ha voluto ricordare Gaetano Scirea a 25 anni dalla morte del campione della Juventus.
“Sono passati 25 anni da quando Gaetano Scirea ha lasciato questa terra. Ma per me è una presenza importante che mi accompagna, l’amico che sento sempre al mio fianco. Fra tanti ricordi uno torna spesso in mente. La notte dell’11 luglio 1982, quella del Mondiale vinto a Madrid. Io rimango allo stadio più a lungo per le interviste e ritorno in albergo sul furgoncino del magazziniere, mica scortato come accade oggi. Gaetano mi aspetta: mangiamo, beviamo un bicchiere, forse due. I modi clamorosi non fanno per noi: mica si può andare a ballare, sarebbe stato come sporcare il momento. Torniamo in camera e ci sdraiamo sul letto, sfiniti da troppa felicità. Però la gustiamo, quella felicità, fino all’ultima goccia: niente come lo sport sa dare gioie pazzesche che durano un attimo, e bisogna farle durare nel cuore. Eravamo estasiati. Ecco, tutto questo nessuno può toccarcelo. Ci davano del «taciturno», invece parlavamo tanto, anche se per capirci non c’era bisogno di dire cose. Ci assomigliavamo, però lui era migliore di me: io non sono così buono e accomodante. Dividevamo la stanza in ritiro leggendo e giocando a carte: robe semplici. Non era un musone, amava gli scherzi. Con lui si respirava serenità, per questo Tardelli – durante le tensioni del Mondiale – quando voleva rilassarsi passava in camera nostra dicendo “vado in Svizzera”.
“Ai giovani che non lo hanno conosciuto scrivo che Gaetano era un grande uomo che si riconosceva dallo stile. Non la forma, lo stile. Era serenità, chiarezza e pulizia. Era convincente anche quando (di rado) si arrabbiava, non perdeva mai il controllo. Una persona sempre misurata e tranquilla. Diceva solo cose autentiche, ponderate. Quando lo conobbi, all’inizio mi sembrava troppo perfetto per essere vero: a volte i timidi appaiono meglio di quello che sono, vale anche per me. Invece era così sincero e puro, senza sovrastrutture. Aveva il pudore delle parole. Dicono che in partita un giocatore si trasformi: balle, sei tu e basta. Conta l’istinto, lì non esiste il freno dell’intelligenza, viene fuori il profondo. E il profondo di Scirea era Scirea. Un difensore mai espulso perché gli bastava la classe. Mai visto uno così elegante, con la testa così alta. E la purezza del tocco era purezza morale. Uomini importanti: quanta ricchezza. Oggi l’esasperazione dei toni mi fa sentire ancora più profondamente il vuoto della perdita. Gaetano mi manca nel caos delle parole inutili, dei valori assurdi, delle menate. Manca il suo clamoroso silenzio”.
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