Cartellino Rosso
Conte-Agnelli, dallo Scudetto agli insulti (sulla pelle dell’Inter)
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4 anni agoon
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Redazione“Come il cielo non puà avere due soli, così l’Asia non potrà avere due re”: così rispose Alessandro Magno al suo generale Parmenione che gli suggeriva di accettare l’offerta di pace messa sul tavolo da Dario III, re dei Persiani, che in cambio della propria resa chiedeva il mantenimento dello status quo. La spiegazione è semplice: due personalità così dominanti non possono convivere. Mai. E non solo in politica: chiedere per informazioni ad Antonio Conte e Andrea Agnelli, due soli che, dall’estate 2014 in poi, non brillano più nello stesso cielo…
Tutto nacque al ristorante. Ma non in un ristorante normale, quanto piuttosto nella metafora tratteggiata da Antonio Conte per giustificare l’eliminazione in Champions League della sua Juve. “Non si può sedersi al ristorante da 100 euro con 10 euro in tasca” la chiara accusa del tecnico alla società, rea di non avergli dato gli ‘strumenti giusti’ per competere nel ristorante stellato della Champions.
Apriti cielo. Agnelli si sentì tradìto dalle parole di un allenatore che aveva sempre difeso, anche dopo il patteggiamento per l’affaire calcioscommesse e a cui aveva affidato -quando ancora era alle prime armi- la panchina della Juventus. Mica una qualsiasi. Da allora fu un sopportarsi reciproco fino alle dimissioni, comunicate in pieno agosto, a pochi giorni dal via della nuova stagione. Un affronto intollerabile per Agnelli, che decise di affidare la panchina all’allenatore rivale della corsa Scudetto: quel Massimiliano Allegri che, con la stessa banconota da 10 euro, riuscì per ben due volte a sedersi al tavolo della Champions o-per dirla come Agnelli “Allegri ha portato avanti un lavoro che per altri sembrava terminato“. E ogni riferimento a cose e persone non era del tutto casuale.
Tanto che Conte, nel frattempo diventato c.t., si sentì in dovere di rispondere a tono: “Nella vita non si finisce mai di conoscere le persone… A volte basterebbe soltanto un minimo di riconoscenza“. Incassare, prego.
Ma non è finita qui: dopo l’addio di Allegri Paratici e Nedved spingono per riportare a casa il figliol prodigo. La trattativa però incassa lo stop del Presidente, che vira deciso su Sarri. La storia è nota: Conte firmerà con l’Inter, i tifosi della Juventus faranno una petizone per rimuovere la ‘stella’ esposta in suo onore allo Stadium e Agnelli che, freddamente, interverrà dicendo che la storia non si cancella. Un buttare acqua sul fuoco che però non ha riscosso l’approvazione di Conte che, interpellato sull’argomento, ha preferito glissare invitando la dirigenza bianconera a non dare troppo risalto ai tifosi “fanatici“.
E se la prima volta allo Stadium da avversario di Conte avverrà in un clima surreale (l’8 marzo scorso, agli albori della pandemia, senza nemmeno il pubblico), la seconda volta è finita in caciara: provocazioni in campo, insulti dalle tribune e gestacci dalla panchina. Il tutto nella cornice di uno stadio deserto dove ogni minimo rumore viene amplificato. E trasmesso in mondovisione. Non una bella figura per il calcio italiano, non una bella immagine per due dei grandi protagonisti della storia juventina. Visto e coniderato, soprattutto, che il regolamento di conti è avvenuto sulla pelle dell’Inter, di cui oggi Conte è allenatore e, di conseguenza, rappresentante dentro e fuori dal campo. Perchè, è bene ricordarlo, in caso di un’eventuale squalifica di Conte, a farne le spese sarebbe solo e soltanto la stagione dell’Inter. Il che è inconcepibile, visto che nessun altro tesserato nerazzurro è rimasto coinvolto nella vicenda.
Ma questo è il derby d’Italia, una partita che -nella storia- ha visto succedere tutto e il contrario di tutto. Ma due soli che brillano sotto lo stesso cielo no, almeno fino ad ora…