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Khephren Thuram: “Una donna mi gridò di tornare da dove venivo”

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4 giorni agoon

Khephren Thuram, centrocampista della Juventus, ha parlato ai ragazzi del Liceo Francese di Torino sulla situazione razzismo.
Calcio e razzismo: un binomio che si fa fatica a scindere, ancora al giorno d’oggi. Una situazione sociale trasportata anche negli stadi, della quale (in primis) sono vittima i calciatori. Un argomento che tocca parecchio il centrocampista della Juventus e della Nazionale francese.
E proprio il transalpino è stato ospite del Liceo Francese di Torino, dove ai ragazzi ha parlato soprattutto di questo argomento. Insomma: un tema che ha sempre coinvolto anche suo padre, ovvero Lilian.
Tra episodi spiacevoli e la volontà di sensibilizzare i giovani, Thuram Junior si espone nelle parole riportate da ‘La Stampa‘.
Di seguito le parole del centrocampista bianconero.
KHEPHREN THURAM ED IL PROBLEMA RAZZISMO

Queste le prime parole del calciatore francese:
“Non so quando sarà superato, ma so che è necessario non fare finta di nulla. Questo è il motivo per cui sono così felice di essere qui tra i giovanissimi, a portare la mia voce per sensibilizzarli su questo soggetto. Ogni ragazzo deve sapere in che mondo vive per poterlo cambiare.
In Italia? Ci sono rimasto fino ai 4 anni, non ricordo bene. In Francia il razzismo l’ho incrociato. Temo non ci sia un posto specifico dove incontrarlo, purtroppo è un atteggiamento che ci troviamo davanti. Ho avuto anch’io le mie brutte esperienze”.
L’EPISODIO IN PARTICOLARE
Il francese si sofferma su un episodio in particolare:
“Posso pescare a caso nella memoria. Avevo, mi pare, 13 anni: mio padre mi ha lasciato davanti a casa, ero senza chiavi, aspettavo mia madre lì sotto e facevo su e giù di fronte al portone. Una donna è rimasta a fissarmi e vedendo che non me ne andavo mi ha gridato: “Torna da dove vieni“. Ed io sul serio non ho capito. Ci ho proprio pensato. “Dove devo tornare? In Italia? Come lo sa?”.
Poi quella sensazione, la fitta, quando vedi il razzismo per quello che è: assurdo. Mio padre mi aveva spiegato come mi sarei sentito ed è andata proprio così. Non dovrebbe succedere, capiterà ancora. Papà mi ha aiutato ad affrontare il problema, magari oggi io ho dato una mano a qualcun altro”.
IL LIBRO DEL PADRE
“Il libro di mio papà Lilian? Lo sto rileggendo giusto in questi giorni. Il pensiero bianco esiste ancora, pure certi afro discendenti lo seguono. Lo hanno addirittura adottato, magari assorbito, ed è ancora più triste perché è un retaggio colonialista che buca il tempo. La nostra società è intrisa dal pensiero bianco, la prospettiva della superiorità a prescindere che è un pregiudizio durissimo a morire.
Bisogna opporsi e denunciare, perché tacere per tentare di togliere importanza a chi si comporta così è inutile. Qualsiasi episodio va portato alla luce, solo così si stabilisce una soglia di vergogna collettiva, si stimola il rifiuto. Sono bestialità inaccettabili. Il calcio fa abbastanza sotto questo aspetto? La volontà c’è, non ci sono dubbi. Alla Juventus si parla spesso di come è meglio combattere il razzismo, bisogna trovare una comunicazione efficace e reazioni forti”.