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Lo strillo di Borzillo – La rivincita dei (presunti) nerds
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6 anni agoon
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RedazioneDoppietta di Gagliardini? No, dico, doppietta di Gagliardini? E allora ditelo, è davvero cambiato qualcosa ad Appiano Gentile. Ma andiamo con ordine.
Sabato novembrino, Milano particolarmente uggiosa, umida il giusto ma non fredda. Ho le nipotine che sono in città, ci hanno fatto un’improvvisata e sono venute a trovarci (uno può dire cosa mi frega delle tue problematiche esistenziali o familiari ma tutto ha un senso se riuscite a leggere fino in fondo) sicché niente Meazza e niente partita; spese pazze con scorribande su e giù per il centro città, ma niente Inter.
Consumo le piante dei piedi tra il Duomo, il Castello, la Scala, la Galleria, un giretto da Peck e, porcaccia zozza, finisco a mangiare un Big Mac – cosa si fa per amore di due bimbe – nell’attesa del fischio d’inizio. Ho sapientemente – non è vero, diciamo che non ho santificato le feste ma proprio anche no mentre svolgevo l’opera – programmato la registrazione della partita. Tanto sono fuori, mi pare brutto mettermi a sminchionare col cellulare, arrivo a casa e mi godo lo spettacolo in tutta tranquillità.
Mancano cinque alle tre mentre mi aggiro con la piccola in braccio in via Torino, direzione piazza Duomo; la tentazione prende il sopravvento, rimangio le promesse che nemmeno un bambino di cinque anni preso con le mani nella famosa marmellata e cedo. Ma devo sapere, devo in ogni modo sapere; almeno l’ora in cui inizia così poi mi regolo e, mal che vada, mi ricollego alla fine del primo tempo.
Pronti via, immagino il calore dello stadio, il pienone, la folla che incita, le maglie nerazzurre. Immagino tutto, nel frattempo ho raggiunto il Disney Store dove vengo ingurgitato da una folla oceanica. Il negozio presenta una sorta di imbuto pochi metri dopo l’ingresso; si forma una coda chilometrica, un ingorgo agostano stile Lagonegro e vedo già i volontari della protezione civile che mi si avvicinano gettando bottigliette d’acqua nell’attesa del ripristino di un normale transito. Intanto se n’è andato un buon quarto d’ora e il ragazzotto vicino a me esplode con “ha segnato Gagliardini”. Ha segnato Gagliardini? Sta prendendo gli amici per il culo, mi dico. E dopo trenta secondi: “Politano”. E dai, ma smettila. Vorrei controllare ma non riesco, stordito dalle piccole che volano a destra e a sinistra in un delirio di giocattoli, il paradiso dei bambini a Milano.
Stavolta tengo duro, desidererei tanto comprare una cuffia che mi copra le orecchie per estraniarmi da eventuali alzate d’ingegno di chi mi sta a fianco poi penso all’espressione da coglionazzo che mi verrebbe e desisto. Torniamo all’auto, passando davanti alla Statale. Un drappello di giovani promesse staziona verso largo Richini, un paio – loro si – sminchionano con un telefoni di ultimissima generazione e, sfiorandoli, mi par di carpire un “certo che la doppietta di Gagliardini”…ma mi allontano e perdo il resto del discorso, stordito dalle chiacchiere della piccola.
Dai, siamo seri; cioè, manco un’ora di gioco e saremmo tre a zero con doppietta del Roberto nazionale? Cannoncino e caffè da Panarello giusto per rifarci la bocca poi via, di corsa a casa, forse riesco a vedere la fine in diretta. Invece no, piccolo grande caos pomeridiano e sono le cinque meno qualche. A ‘sto punto, mi dico, non accendo nulla e la rivedo al brucio. Entro, manco mi levo le scarpe e occupo il divano modello Fantozzi,in realtà manca la canotta unta ma poco importa. Cazzo, ha segnato davvero Gaglio. E Politano. Poi più nulla, ma predominio non solo territoriale, predominio su tutto; loro poca cosa, facciamo il nulla, ma noi davvero devastanti, con Joao Mario sugli scudi a cucire, recuperare, rilanciare, correre. Insomma, un giocatore di calcio; mica la mascotte acquistata per la modica cifra di una quarantina di milioni, uno vero che ha preso il virus della garra da Vecino, portatore sano.
Per non parlare di Politano. No, anzi, fanculo, di Politano ne voglio parlare; perché, scusate il termine lezioso, mi son rotto le palle di ascoltare santoni e maghetti pallonari pontificare sul presunto provincialismo del ragazzo. Viene dal Sassuolo: e quindi? Un bel chissenefotte ci sta bene. Matteo migliora partita dopo partita, vede la porta, si danna l’anima, si chiamasse Politao mezzo mondo scasserebbe una parte anatomica prettamente maschile sul valore presunto del ragazzo. Che non viene da Rio o San Paolo ma molto più spartanamente da Roma. E me lo tengo; uno come Matteo me lo tengo sempre, anche se la prossima stagione zio Zhang dovesse decidere di comprare l’ala destra più forte dell’universo conosciuto.
Doppietta del Gaglio, non c’è più religione e i ragazzi fuori dalla Statale avevano ragione. Poi accademia, pura e semplice accademia. Dove emerge il punto interrogativo (fino a ieri) portoghese. Che chiude alla grande, gonfiando la rete con un fendente chirurgico (e passatemi qualche termine adoperato dai grandi maestri del giornalismo moderno) alla sinistra del povero e malcapitato Radu. L’apoteosi che manco il nuovo Presidente in tribuna ci crede. Poi spazio a Radja per la cinquina finale. Si, avete compreso bene, Radja; quello che a Milano non si trova bene ed è triste. Talmente triste da bruciare le tappe pur di tornare in campo. Ahhh, la tristezza.
L’Inter ha vinto, viva l’Inter.
Successo niente, ora c’è il Barca; i ragazzi possono far bene.
Che non significa spazzar via i catalani. Significa far bene, questo interessa.
Ad maiora.
Gabriele Borzillo