News
Lo strillo di Borzillo – Male, malissimo, anzi…benino!
Published
6 anni agoon
By
RedazioneEddai che stasera torniamo dove ci compete, a giocare grandi sfide; un campo che ha fatto la storia del calcio, contro una squadra che ha fatto la storia del calcio. E quale miglior occasione per estrarre dal cilindro quella garra che ci ha permesso di inanellare, dopo una partenza da brividi, risultati positivi conditi, spesso, da buone prestazioni? Oltretutto le altre due hanno pareggiato, quindi un bel “chissenefrega giochiamola” ci sta bene.
Ecco, più o meno ho ragionato così accomodandomi in redazione per seguire Barcellona-Inter. Risultato ininfluente, dal momento che le avversarie si erano annullate vicendevolmente consentendoci di tirare un gran sospiro di sollievo, vediamo dove siamo arrivati in quel processo di crescita che deve, non dovrebbe, riportarci dove nome e blasone di questi colori meritano. Beh, alla luce di quanto visto in campo direi di rinfoderare proclami di grandeur e rimettersi a lavorare, col capino basso.
Non è stata una bella Inter, davvero. Contratta, timorosa ai limiti della paura ai limiti del terrore, con poco costrutto e mal organizzata. Spalletti, stavolta mi dissocio da Luciano nostro, la partita la prepara all’insegna del primo vediamo di non prenderne troppe. Attenzione, non vediamo di non prenderle. No, proprio proprio vediamo di non prenderne troppe, perché con l’atteggiamento mostrato sul terreno di gioco questo dava l’idea di essere.
Pronti via e ci mettiamo dieci dietro la linea della palla. Immagino che tatticamente l’idea fosse di farli salire, aspettarli e ripartire con ficcanti contropiedi in spazi aperti. Che alla fine come idea ci poteva anche stare, non era pura utopia. Il tutto doveva prescindere dalla collaborazione di chi va in campo, in primis dei due esterni alti pronti a retrocedere, coprire, sacrificarsi per la causa e poi via, sempre di corsa verso la porta avversaria. Il problema serio è che Luciano nostro estrae dalla naftalina Candreva, reduce da sei minuti decenti nel derby, che incide quanto potrei fare sostanzialmente io, cioè nulla, riproponendo dalla parte opposta Perisic, reduce da un leggero infortunio e con la gamba affaticata. La morale è che, dopo un calcio d’angolo conquistato da Maurito e mal sfruttato (non ne abbiamo presa una che fosse una di testa), smettiamo di giocare a pallone. Letteralmente.
La catena di destra non funziona, l’accoppiata Candreva-D’Ambrosio fa paura per quanto riesce a non coprire, mentre a sinistra Perisic-Asamoah non eccellono per dinamismo e fisicità. In mezzo poi, nel punto che quelli bravi chiamano zona nevralgica del campo, siamo in perenne difficoltà, sovrastati dall’avversario numericamente e tecnicamente. Brozo si sbatte come un pazzo, corre a destra e a sinistra; all’inizio supportato da Vecino, l’unico ad andare vicino al gol con una sassata dai trenta metri grazie ad un rimpallo fortuito poi, con la garra che l’uruguagio ha dimenticato a Milano nella ripresa, completamente solo. Che dai e dai ci ritroveremo Marcelo spompato a dicembre se deve continuare a correre per tre.
Borja, nel frattempo, sonnecchia non si capisce bene dove, sulla terra di nessuno, non contribuendo alla manovra offensiva né a quella difensiva anzi; spesso e volentieri preso in mezzo da un torello a tratti umiliante. Insomma, dopo un quarto d’ora ti rendi conto che sarà una serata complicata. Si, d’accordo, partite come questa devono servirti a crescere anche dal punto di vista mentale, ma io vorrei vedere pure due azioni, non dico tanto, due. Invece no. La mia preghiera non viene esaudita; al contrario Skriniar, che fino a quel momento aveva tenuto in piedi la difesa in compagnia di un discreto Miranda nei primi dieci minuti poi svagato il giusto, si perde l’avversario che da metri due trafigge Samir, spettatore impotente della giocata. Ma proprio tu Skrini, maddai…e proprio tu Rafinha, maddai due volte.
Ricominciamo per fortuna senza Candreva e Politano, il suo sostituto che se Candreva è questo – fino a oggi sembrerebbe così – facciamo che il ragazzino diventa titolare inamovibile, porta una ventata di ottimismo; in realtà, al netto del solito possesso palla che non facciamo (alla fine sarà 70% a 30), sembriamo in grado di costruire qualcosa. La verve di Matteo contagia il reparto avanzato, fin lì asfittico, e rischiamo in un paio di circostanze persino il pareggio.
Ma è fuoco di paglia. Torniamo a soffrire, torniamo a ballare in mezzo al campo, torniamo a correre senza un senso sprecando fiato ed energie. La squadra è sfilacciata, e pochissimo mi hanno garbato le parole di Spalletti a fine gara; prendersela coi propri giocatori, soprattutto se tu li schieri in campo col tuo solito 4231 consegnandoti mani e piedi al centrocampo avversario, in superiorità sia numerica che tecnica, non è bello.
Non mi agito nemmeno più di tanto sulla sedia, per fortuna comoda, ed assisto impotente al raddoppio con Skriniar – ancora lui – statua di pietra che manco l’avesse fissato Medusa negli occhi ad osservare l’avversario che lo uccella bellamente e batte Samir in diagonale.
Finisce, mi viene da dire per fortuna. Tralascio il parlar di Lautaro che combina zero o anche meno. Finisce due a zero e va bene. Cioè, facciamo che non va bene ma va bene.
La strada per arrivare in alto passa anche da brutte serate come questa. Non tanto per il risultato, ci sta perdere in Catalogna, quanto per la miseria di un non gioco mostrato a mezzo mondo. Ora ci aspetta il ritorno a Milano; vedremo se e quanto la lezione sarà servita.
Ributtiamoci a casetta nostra, lunedì si va a Roma e bisogna resettare tossine e cervello.
Ah, per chiudere; l’anno del triplete perdemmo a Barcellona in maniera ancora peggiore. Non si sa mai la vita quali sorprese può riservarti. Toccate ferro o tutto quello che vi capita.
Ad maiora.