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Lo strillo di Borzillo – Turisti per caso
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6 anni agoon
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RedazioneHo capito che sei a Roma; c’è il Ponentino, cacio e pepe, il vinello dei colli, il Papa, il Colosseo, i vialoni alberati, la coda alla vaccinara e l’umidità prettamente meneghina diventa un fastidioso ricordo. Ma tu vai là per giocare a pallone, mica per scrivere un libro su arte e cultura nella città eterna.
Ecco, partiamo da questo assunto per inquadrare, ad esempio, la partita di Ivan l’ex terribile, un fantasma rispetto al calciatore che il pubblico nerazzurro ha imparato a vedere e conoscere nel corso degli anni; a ciò sommate le esternazioni poco gradite dai tifosi e del tutto fuori luogo – ma santi numi, giovanotto, ma fai finta di niente e glissa le domande scivolose se poi le prestazioni son di questa portata – riprese dai media nella settimana appena trascorsa, la frittata è servita. Senza carciofi, giusto per restare in clima romano, ma sempre di frittata parliamo.
Non è un caso discorrere riguardo Perisic; o, meglio, facciamo che Perisic, in questo momento, è un caso. Fuori condizione, completamente avulso dalla manovra, tu lo vedi in campo e ti rendi conto che vorrebbe anche ma non riesce. Manca la grinta, la cattiveria, la garra tanto invocata dai media (del resto non è uruguagio e forse il discorso per lui non vale). Non la volontà o la voglia, è che proprio non ce la fa. In più, va esplicitato per onestà intellettuale, Spalletti gli chiede compiti che a noi profani vengono difficili da leggere; tanta copertura e, di conseguenza, poca lucidità in fase offensiva.
Sia quel che sia di tanto in tanto Lucianone nostro pare mettersi d’impegno nello scegliere di iniziare col rischio, un po’ modello Mike Buongiorno e il dottor Inardi. Risultato? Ottanta minuti, secondo più secondo meno, con un attacco monco e ripartenze letali buttate nel cestino della spazzatura che trovi a fianco delle scrivanie. La difesa della Roma? Si doveva preoccupare esclusivamente di Keita e Mauro, comunque a segno, e i rimpianti per ciò che poteva essere e non è stato aumentano.
Il tecnico offre una serata da protagonista a Joao Mario ed estromette scientemente qualche titolare, in funzione di rammentare al mondo nerazzurro quanto non esistano gerarchie all’interno del gruppo ma ciascuno sia importante a modo suo. Corretto, anzi, correttissimo. Tutti devono sentirsi importanti, tutti devono aver coscienza delle proprie capacità, tutti devono essere consci di poter giocare contro chiunque, dovunque, in qualunque momento.
Discorso che non fa una piega, sia chiaro.
Poi entri nello specifico, cioè inizia la partita, tu sei incollato allo schermo come una cozza allo scoglio e, dopo cinque minuti, ti rendi conto che Spalletti ha scelto bene, eccezion fatta per quel rischio scientemente preso; tenere in campo un ragazzo che non corre. Oddio, non è che non corre. Non corre, non torna, non pressa, non mette un pallone in mezzo anzi, perde praticamente tutti gli scontri diretti, non aiuta i compagni, vaga per il campo come una nave senza equipaggio nel bel mezzo dell’Oceano. Sia chiaro, non ho nulla contro Perisic, lo considero uno dei titolarissimi di questa squadra e, per me, se sta bene può tranquillamente essere annoverato tra i primi cinque nel suo ruolo al mondo. Non il Italia, al mondo. Perché come Ivan fa la doppia fase beh, trovatemene in giro.
Insomma, Ivan o non Ivan rischiamo di brutto sia di segnare che di subire, Rocchi per fortuna si dimentica del var sul comodino di casa insieme all’orologio della festa e non concede a Zaniolo un rigore che se non lo fischiano a me divento aggressive like a riccio, mi incazzo come un riccio in sostanza. E guardate che i ricci, quando si incazzano, sono assai temibili. Poi il lampo; Danilo, gran partita, offre a Keita un pallone facile facile ed il ragazzo non si fa pregare, uno a zero di rapina. Lì subiamo, non gestiamo con attenzione, lasciamo fare, concediamo campo e veniamo puniti da Under, inutile fino a quel momento, mentre Samir non si capisce se battezza la palla fuori, non la vede partire, pensava cosa regalerò a Natale, dove trascorreremo il capodanno; noi azzardiamo portiere disattento e tutto da rifare.
Secondo tempo sulla falsariga del primo, gettiamo alle ortiche ripartenze letali per pressapochismo e confusione, troviamo il vantaggio, indovinate con chi, e ci richiudiamo senza gestire; finché Brozovic, su un pallone insensato, non decide di aprire l’ala e colpire col gomito; è rigore, poche palle. Rocchi viene richiamato dal var, che stavolta ci castiga; Samir indovina anche il lato giusto, ma Kolarov angola perfettamente il pallone. Due a due, un quarto d’ora da giocare.
Spalletti cambia, è tardissimo ma poco importa; non succede nulla, a parte una evidente spalla contro petto, forse punibile forse no, di Manolas su Icardi in piena area di rigore – se me lo fischiano contro forse mi innervosisco ma viste le zozzerie fischiate ieri su alcuni campi non ci avrei visto nulla di sconvolgente – fatta passare in cavalleria da rivedibili commenti post partita. Pareggiamo, ma è un punticino che lascia tanto amaro in bocca.
Ora testa e cuore a Torino; possibilmente partendo in undici contro undici. Non mi interessa chi, mi interessa che stiano in piedi tutti.
Ad Maiora.
Gabriele Borzillo