Pagelle Juventus
Editoriale Besana – Thohir conquista lo Stivale
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11 anni agoon
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RedazioneCotto e mangiato. Erick Thohir i media italioti se lo sono cucinati in tutte le salse, increduli di tanta manna. Il neo presidente dell’Inter, quello che per antonomasia è ormai indicato come “il magnate indonesiano”, in una settimana ha incontrato di tutto, di tutti e di più; è andato su giornali, rotocalchi, tivù più di quanto avesse mai fatto il suo predecessore, Massimo Moratti, in diciotto anni di contraddittoria, onorevole e alla fine anche gloriosa milizia nerazzurra. Niente di male, intendiamoci, il personaggio c’è, è di sostanza, e merita copertine e focus televisivi, e poi mica si può ignorare un passaggio di proprietà così clamoroso come quello di cui si sta parlando.
Una sovraesposizione mediatica, per il quarantatreenne magnate indonesiano – tanto innamorato della Beneamata da mettere cash sul tavolo qualcosina come trecento milioni di euro tanto per cominciare, tanto per assicurarsi il 70 per cento delle azioni – ,perfino grottesca: di lui sappiamo tutto, che non ha più tempo per dedicarsi ai suoi hobbies, basket e golf, come si fa con quel po’ po’ di impegni lavorativi, la famiglia, quattro figli. Che ha gradito il dono di una felpa nerazzurra con sul petto la scritta Et, che ama scattare foto direttamente con il suo cellulare, come il più tradizionale dei turisti.
Perfino che ama farsi uno spritz all’ora del thé, che avrebbe voluto acquistare gli scarpini da gioco di Roberto Baggio appesi alla parete di un noto ristorante milanese di cui sono soci capitan Zanetti e Cambiasso (si è dovuto accontentare infine di una maglia autografata dal Divin Codino).
Che non ha battuto ciglio quando, incontrando il presidente della Regione Lombardia , Roberto Maroni, dichiaratamente di fede milanista, non ha battuto ciglio di fronte alla cravatta rossonera e ai cimeli casciavit ostentati dal politico leghista. Erick lo stakanovista, in missione per sondare il terreno in vista della possibilità di acquisire l’area per erigere il nuovo stadio di proprietà, ha fatto finta di niente, non ha raccolto la provocazione. Si scherza, naturalmente.
In una settimana di passione e di tritacarne mediatico, peraltro da lui stesso accettato di buon grado (gli piacciono le luci della ribalta), Thohir ha spaziato su tutti i fronti, vincendo con insospettabile abilità dialettica la personalissima battaglia contro lo scetticismo e il preconcetto con cui era stato accolto al momento dello sbarco sulla Madonnina. Per ora siamo alle parole, a parte il non ininfluente dettaglio dei quattrini sborsati per acquisire il 70% dell’Inter Football Club. I fatti seguiranno, ed è lecito aspettarsi che saranno all’altezza appunto delle parole spese.
In realtà Erick lo stakanovista non ha venduto fumo, non ha promesso mari e monti. Non ha fatto proclami, salvo sbilanciarsi arditamente nel fissare per la “sua” Inter il 2016 come traguardo a medio (?) termine per la finalissima di Champions League, da disputarsi come sembra giusto a Milano-Meazza. Qui s’è fatto prendere la mano. Per il resto, sempre molto accorto. Tirato per la giacca, soprattutto da quelli che volevano fargli promettere chissà quali grandi acquisti di top player, Thohir ha dribblato con eleganza, rifugiandosi semmai nella priorità di affidarsi al vivaio, esaltando la linea verde.
Se ne facciano una ragione i tifosi più impazienti: Erick non porterà all’Inter il Messi o il Cristiano Ronaldo della situazione, non è questa la sua filosofia. Più probabile che a gennaio arrivi un Pinilla che un Dzeko, per dire. Un passino alla volta. A costo di deludere i sognatori, a costo di spezzare sul nascere le illusioni. L’ha detto con il Massimo rispetto per la precedente gestione, ma con altrettanta chiarezza: innanzitutto devo sistemare i bilanci, far quadrare i conti, ripianare il “rosso”, poi il resto, la costruzione di una squadra più competitiva, il conseguimento di grandi risultati (il Triplete sembra già troppo lontano), il brand da esportare sui mercati asiatici e americani.
Rimarranno delusi quanti in Thohir avevano visto l’equivalente dei ricchi-scemi degli anni Sessanta, dove quel “scemi” va letto non nella sua accezione letterale: sta (stava) piuttosto per ”ingenuamente, candidamente disposti a svenarsi”. Scemi, nel senso di sprovveduti investitori, pagatori destinati al fallimento. Thohir ha invaso e conquistato i media, ha bucato il video con il suo sorriso accattivante, ha detto cose intelligenti e condivisibili, ha esposto progetti concreti, ma ci ha anche inflitto un mare di banalità (ad esempio sui giovani, sulla necessità che facciano vita sana, rispettino e imitino gli anziani, gli Zanetti, i Cambiasso: ci mancherebbe avesse sostenuto il contrario!). Ma anche all’Erick più ovvio gl’intervistatori hanno steso tappeti rossi, meglio così: il ragazzo indonesiano che fu stregato più da Ventola che dal Fenomeno Ronaldo la sua prima battaglia italica l’ha ampiamente vinta.
Giancarlo Besana
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