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Editoriale Confederations – Alla scoperta di Tahiti
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11 anni agoon
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Redazione“Inviato in missione artistica”. Così Paul Gauguin si qualificò, al cospetto del governatore che lo accolse a Tahiti. 1891, 28 giugno: Papeete fa la conoscenza del grande pittore, che un paio d’anni prima aveva messo su tela ‘Il Cristo giallo’. In Polinesia lo porta l’irrefrenabile bisogno di coltivare la propria arte, per se stesso, allo stato primitivo e selvaggio: il capostipite del simbolismo pittorico si ritroverà ben presto nel villaggio di Mataiea, in una capanna affacciata sull’oceano Pacifico.
Sulla nera sabbia tahitiana, Gauguin ammira, riflette, sperpera danaro e diventa nuovamente padre, prima di far ritorno Parigi. Giusto il tempo di raggranellare qualche soldo, intascare l’eredità dello zio paterno Isidore – 9000 franchi, discreta cifra per l’epoca – ed il richiamo di Tahiti si fa irresistibile, inducendolo a ripresentarsi a Papeete nel settembre del ’95. Durante la seconda parentesi polinesiana, gli acciacchi e la sifilide lo mettono a dura prova; la perdita di due figli nel 1897 è però il colpo più duro. L’artista sfoga i propri tormenti sulla tela, dipingendovi un sogno: “Da dove veniamo? Che siamo? Dove andiamo?”.
Oltre un secolo più tardi, diecimila chilometri più distante, la Nazionale di calcio di Tahiti potrebbe porsi le medesime questioni. Il 20 giugno, al Maracanã di Rio de Janeiro, li attende la Spagna euromondialeuropea: ahia. La squadra allenata da Eddy Etaeta, nettamente fuori dai primi cento nel famigerato – e discutibile – Ranking FIFA, fino a ieri non aveva mai messo il becco fuori dall’Oceania, e adesso eccola catapultata contro la generazione più vincente nella storia del calcio.
Ah, se vi è scappata una risata leggendo il cognome del cittì, siete pienamente giustificati: chiunque abbia sfogliato i fumetti Disney lo avrà ricollegato ad Eta Beta, l’uomo del futuro, figlio della fantasia di Bill Walsh (sceneggiatore di «Mary Poppins» e «Pomi d’ottone e manici di scopa») e Floyd Gottfredson, uno dei papà di Topolino e l’uomo che gli ha affiancato Pippo.
Ma torniamo ai tahitiani, tra cui spicca il nome di Marama Vahirua: l’unico, tra i selezionati da Etaeta, a guadagnarsi il pane rincorrendo un pallone (nell’ultima stagione con il Panthrakikos, dopo una vita trascorsa in Francia).
Ma i Vahirua son famiglia di calciatori, perché se Marama vanta più trecento presenze in Ligue 1 – ed un titolo nazionale, con il Nantes, nel 2001 – e suo padre Bernard ha vinto una Coppa della Polinesia francese da allenatore del Temanava (squadra dell’isola di Moorea), è il cugino Pascal – che i primi calci li ha tirati a Mataiea, dove visse Gauguin – il vero fenomeno della famiglia. Con annessa storia da raccontare.
Perché Guy Roux, quarantaquattro anni filati sulla panchina dell’Auxerre, si ritrova in vacanza a Tahiti nel 1982, e si accorge di questo sedicenne, ala sinistra niente male: lo porta in Francia con sé. Oltre dieci anni in Borgogna, che lascia nel ’95. La stagione successiva, ecco Coppa di Francia e – soprattutto – il primo, storico successo in Ligue 1 per l’Auxerre: niente ‘doublé’ per Pascal, peccato. A dargli consolazione, le 22 presenze (e un gol) totalizzate con la Francia tra il ’90 ed il ’94, primo polinesiano nella storia a vestirsi di ‘bleu’.
Che i geni calcistici, nell’arcipelago, sian diffusi solo in una manciata di nuclei familiari, lo testimoniano anche i Tehau. Un quartetto composto dai tre fratelli Jonathan, Lorenzo ed Alvin, cui si aggiunge il cugino Teaonui: record onomastico eguagliato. Perché a cavallo tra gennaio e febbraio il Mali, in una Coppa d’Africa che l’ha visto arrendersi solo in semifinale ai futuri campioni continentali della Nigeria, si è presentato con quattro Coulibaly (Adama, Idrissa, Salif e Ousmane), senza un briciolo di parentela tra loro.
Oddio, ci sarebbe stato Moussa, terzino destro classe 1981 e cugino di Adama, che col Mali ha messo insieme anche quattro presenze ed una rete, ma Patrice Carteron – che, oltre a ‘les Aigles’ allena pure il Mazembe, squadra congolese contro cui l’Inter ha vinto il Mondiale per club nel 2010 – non se l’è sentita di fare cinquina. Una storia più simile a quella dei Tehau è invece stata scritta dai Palacios: 7 milioni e mezzo di abitanti, l’Honduras, però a giocare i Mondiali in Sudafrica ci vanno tre fratelli, Jerry, Johnny, e il più noto Wilson. Del pokerissimo messo al mondo dal signor Eulogio e la sua consorte doña Orfilia Cacho, anche il maggiore – Milton – ha fatto del calcio una professione, arrivando ad indossare la maglia ‘Bicolor’ della Nazionale di calcio.
Il quintogenito, Edwin, non ha invece avuto la buona sorte dei fratelli: rapito nell’ottobre 2007, è stato trovato morto un anno e sette mesi più tardi. E sulla questione dei pargoli nati con scarpini tacchettati avrebbe da dire anche la signora Catalina, capace di mettere al mondo cinque Zárate, quattro dei quali calciatori. Ma preferisco soprassedere, e fare il tifo per la quaterna di Tehau.
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