Pagelle Juventus
Editoriale – E’ una Juve “troppo” provinciale
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11 anni agoon
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RedazioneLa Juve vince con una magia di Tevez, ma anche grazie all’aiutino. I tifosi bianconeri non si offendano, non c’è nessuna dietrologia o ipotesi complottistica dietro questa sintesi giornalistica, ma solo l’analisi obiettiva dei fatti. Perché l’errore di Rizzoli, direzione di gara in generale positiva, ma con qualche – decisiva – sbavatura, è semplicemente troppo evidente per tacerlo.
Ma al di là dell’arbitraggio, della gara contro il Toro c’è poco da salvare per Conte e i suoi ragazzi: di Tevez abbiamo detto, poi ci sono i tre punti. Che faranno per di più discutere. E dunque alzeranno la pressione. Partita bloccata perché i granata si son messi tutti dietro la linea della palla, vero, ma anche perché la Juve non ha voluto spingere dopo il vantaggio per timore di scoprirsi e prestare il fianco all’avversario.
“Siamo in vantaggio noi – avrà detto il mister bianconero ai suoi durante l’intervallo – se non escono loro, perché dovremmo farlo noi?”. Un ragionamento che non fa una grinza se si ragiona “all’italiana”. Speculare sul vantaggio, difendere il risultato a tutti i costi, al massimo provare – se proprio necessario – ad approfittare degli spazi in contropiede. Un calcio che – di solito – allo Juventus Stadium è tipico degli ospiti.
Un comportamento da “provinciale” e lungi da noi dare al termine un valore dispregiativo. Si è parlato spesso della squadra “operaia”, del suo atteggiamento pratico e senza fronzoli: ultimamente, però, ci verrebbe da aggiungere un “troppo”. La Juve, una volta in vantaggio, si mette (troppo) dietro la linea della palla, si abbassa (troppo) e finisce per rischiare (troppo). Sicuramente troppo per quanto è forte.
Pirlo&co. hanno tutti gli alibi del caso, non ultimo quello della stanchezza post Europa League, ma le “scuse” reggono fino ad un certo punto, perché è una tattica studiata, ricorrente e ormai abituale Troppo, appunto. Ed è questa filosofia che la Juve ha pagato in Champions League: “Noi non dobbiamo metterci a difendere il risultato – aveva detto Conte alla vigilia della gara contro il Galatasary in Turchia – perché noi non ne siamo capaci”.
Sarà, ma delle due l’una: o alla Juve vige l’anarchia e i giocatori non ascoltano il proprio mister, oppure Conte “predica bene ma razzola male”. Il tecnico ci perdonerà la battuta, ma tra la Juve spavalda del primo anno – quella che toglieva il respiro con un pressing ultraoffensivo, che attaccava la palla con bulimica aggressività e “difendeva” chiudendo l’avversario nella propria metà campo – e quella di oggi, c’è semplicemente un baratro.
E recuperare quella mentalità aiuterebbe anche nelle coppe. Con quella sparagnina, invece, non si va lontano. Almeno in Europa.
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