Pagelle Juventus
Editoriale Juventus – Elogio allo spirito guerriero
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11 anni agoon
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RedazioneAlla fine, Antonio Conte, era più sudato di alcuni giocatori dell’Udinese. Se nelle sue scarpe fosse inserito un contapassi, il display segnerebbe svariati chilometri macinati dentro l’area di rigore. Sinistra, destra. Avanti, indietro. Incessante. Come l’andatura della sua cravatta blu notte, ubriacata dagli sballottamenti. Lui è la fonte, il segreto mica tanto nascosto – visti i fragori che partono dalla sua bocca – di questa Juventus, mai nervosa oltremodo per vincere: il mentore Giovanni Trapattoni era un maestro di questa disciplina. Da buono studente, Conte, ne ha appreso i migliori insegnamenti trasfondendoli nel calcio moderno. Il suo alter ego in campo è Giorgio Chiellini, il leader emotivo da cui tutti traggono forza nei momenti difficili, quando la palla non ne vuole sapere d’entrare oppure entra troppo facilmente, a parti inverse. Con i tre punti di Udine, la Juventus compie lo scatto decisivo verso il terzo scudetto consecutivo, un paletto che certifica l’egemonia bianconera.
E a lanciare il rush finale è Sebastian Giovinco, l’attaccante che se facesse tanti gol quante le critiche che riceve, vincerebbe ogni anno la Scarpa d’Oro. Non è un caso che sia stato proprio lui a decidere il match. Conte l’ha piazzato due anni fa al centro del progetto, difendendolo, abbracciandolo come un figlio in ambasce quando il becero pubblico di Torino lo fischiava. Solo gli asini ragliano. Con questi gesti l’uomo si avvicina parecchio. “Seba” apre e, di fatto, chiude la partita con un pregevole tiro a giro sul secondo palo che Simone Scuffet, il promettente friulano con i guantoni, non prende, perché troppo avanzato. È il colpo che ammazza la squadra di Guidolin, scesa in campo col timore reverenziale di chi sa di perdere per il principio dell’inevitabilità. L’Udinese non ha la forza mentale di cambiare registro da una gara vissuta di folate e ripartenza a una, invece, condotta con più personalità. E di fatti prende il secondo gol nel caos d’area quando cerca di ritrovare se stessa.
Ci riesce nei cinque minuti finali quando, addirittura, la partita la potrebbe pareggiare con due occasioni. Troppo tardi. La Juventus ha già messo in cassaforte quel che voleva. I tre punti. La vittoria. Lo scudetto. Llorente va in gol per la quattordicesima volta, marcature equamente suddivise fra testa e piede: chi diceva che era solo bravo col primo fondamentale? L’attaccante navarro è quello che gli inglesi definirebbero “shadow striker”, si fa vedere solo in qualche sponda per far salire la squadra, poi te la picchia. È difficile sovrastare i bianconeri perché giocano sempre con un’intensità che ti conduce all’errore. In Europa le cose non vanno allo stesso modo per una serie di motivi: le squadre sono più fisiche, perdono meno tempo durante i novanta minuti, sono più aggressive e meno coperte. Semplicemente di una qualità media superiore. Per la Juventus le cose iniziano a funzionare anche in ambito internazionale dopo aver conquistato le semifinali di Europa League: il duplice confronto col Benfica sarà l’esame che certificherà la definitiva maturazione o il permanere dei soliti problemi.
Alessandro Legnazzi (Twitter: @lusciandru)
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