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Editoriale Juventus – La semifinale che non ti aspetti
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11 anni agoon
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RedazioneJorge Jesus, l’allenatore che già dal cognome dovrebbe essere profetico, è stato smentito dal campo. “La Juventus è la solita squadra italiana che quando gioca in Europa non è sé stessa” divinava. I bianconeri non sono più quelli di Istanbul o Copenaghen, quelli apatici o snob che si facevano investire dalla potenza del fascino intercontinentale. Sono cambiati e la piena prova la fa il fatto d’aver messo paura a una squadra, ancora imbattuta, che in settimana ha vinto il 33esimo titolo nazionale e che forse ne vincerà altri. Benfica-Juventus sarebbe stata un’ottima semifinale di Champions League.
È stata il festival delle ripartenze, dei tagli, delle sovrapposizioni. Dei raddoppi di marcatura e delle diagonali. Il festival del calcio moderno offerto da due squadre calibrate all’attacco: magari non interpretato come Real Madrid o Bayern Monaco insegnano, però altrettanto divertente. Se la sono giocata a viso aperto, il Benfica dall’inizio e la Juventus due minuti dopo, beffata da colpo di testa solingo di Garay dovuto a una leggerezza di Bonucci: spallata rifilata troppo in anticipo e il difensore portoghese libero d’andare in cielo a colpire quel traversone. Prendere gol alla prima occasione non è mai una cosa positiva poiché costringe la squadra passiva a cambiare registro: la Juve è stata brava a non cedere mentalmente alla bolgia del Da Luz.
Ci sono voluti cinque anni e settanta minuti, a Tevez, per tornare a segnare in Europa. L’ultima volta al Porto – sempre a una squadra portoghese – con la maglia rossa del Manchester. In mezzo un deserto di tempo scialacquato fra incomprensioni e litigi con degli allenatori che tentavano, invano, di catechizzarlo. Ma Carlos è vissuto, anzi sopravvissuto, nei barrios di Buenos Aires. Si è educato da solo. Quando dal balcone di corso Galileo Ferraris sventolò el dies davanti agli occhi brillanti di un migliaio di tifosi, l’Apache capì che con quella maglia, ereditata da Del Piero, poteva essere l’emblema di un popolo. Proprio come in Argentina.
Quando tutto sembrava veleggiare verso il pareggio, il Benfica colpiva con Lima nel momento meno coinvolgente del match: la difesa bianconera ricadeva nello stesso errore, aspettava troppo bassa la discesa dei biancorossi, e imbambolata nel capire il velo (che in gergo tecnico viene detto “esca”) di Enzo Perez. In partite come questa, non vince solo chi schiaffeggia meglio la palla, ma anche chi cura meglio la risposta ai contropiedi. La Juventus esce dalla Catedrál a testa alta e con una sconfitta, forse, esagerata per come ha saputo reagire all’immediato svantaggio e per come è stata in gara. Allo Stadium sarà un’altra storia. Allo Stadium ci sono ancora da giocare novanta, lunghissimi, minuti.
Alessandro Legnazzi (Twitter: @lusciandru)
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