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Editoriale Juventus – Un altro leone per Conte: Llorente!
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11 anni agoon
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RedazioneA metà di un secondo tempo giocato solo per regolamento, altalenante fra l’inutile e l’accademico, un sorriso veniva strappato da una battuta di un tifoso, comodo nella semi-deserta tribuna. “Forza Lazio!”. Il messaggio non aveva bisogno di alcuna glossa o attività ermeneutica perché il destinatario del civile sfottò, la Roma, è temibile. Assomiglia molto a quella prima Juventus di Antonio Conte, anch’essa senza l’onore-onere delle competizioni europee, anch’essa proveniente da anni e gestioni disastrose. Ci sono tanti punti di contatto. Probabilmente quello più significativo è il distacco dalla capolista: otto punti separavano i bianconeri dal Milan nell’aprile 2012, otto punti li staccano dalla Roma nell’aprile 2014. Ma nell’orizzonte juventino non s’intravedono spauracchi come fu Amauri a San Siro con la Fiorentina. Tre anni dopo, i viola, possono tornare a vestire le toghe dei giudici d’ultima istanza di questo campionato ospitando, al sabato di Pasqua, la squadra di Rudi Garcia.
Lo Stadium, per l’ennesima volta esaurito di diritto ma semi-vuoto di fatto (per il prossimo anno urgono correttivi contro l’astensionismo degli abbonati), ha celebrato il sedicesimo successo consecutivo della Juventus. Questa squadra, ogniqualvolta scende in campo, stabilisce o aggiorna record. Bologna, Atalanta e Cagliari sono i prossimi avversari casalinghi e ci sono buonissime possibilità affinchè i bianconeri diventino la prima squadra a vincerle tutte in tal senso. L’ultimo a cadere è stato il Livorno dai giocatori coi piedi in campo e la testa all’imminente, vitale sfida salvezza col Chievo Verona. Bastava un tempo per annullare gli amaranto, o meglio tre minuti, il tempo utile a Fernando Llorente per rifilare due benedizioni: la prima, una stupenda torsione sul primo palo realizzata col difensore che veniva in appoggio, la seconda, la specialità di casa Pamplona, il colpo di testa (settimo sigillo con questa parte del corpo, nessuno come il Rey Leon in Europa).
Eppure quando Llorente è arrivato a luglio nessuno si sarebbe immaginato un impatto così forte con la Serie A, torneo tradizionalmente riconosciuto per le difese robuste. Talmente alto e impacciato dall’emozione che vederlo camminare fra i viali torinesi faceva tenerezza: più un tigrotto che un leone. E dopo la megalomane presentazione allo Stadium, il basco, si inabissava fra le pieghe della fatica. Del lavoro. Del martello di Conte. Il tecnico salentino lo ha spremuto più di Marcelo Bielsa, che di soprannome fa “El loco”, il pazzo. Ha smussato gli angoli più pronunciati, ne ha capito le qualità e virtù versandole nel serbatoio della sua creatura. C’era il rischio di un flop, di un buco nell’acqua, di un’operazione economica a costo e rendimento zero; invece si sta rivelando un altro grande giocatore coi suoi quindici gol totali, le sue capocciate e i suoi anticipi. Un cammino autoritario. Un po’ come quando il leone nella savana gonfia il petto e tutti gli altri animali si inchinano al suo passaggio.
Alessandro Legnazzi (Twitter: @lusciandru)
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