Pagelle Juventus
Editoriale – L’ItalPrandelli ritorna all’antico?
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11 anni agoon
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RedazioneL’Italia di Prandelli come quella di Vittorio Pozzo? Pare di sì: passano gli anni ma nel calcio, come nella chimica, nulla si crea e nulla si distrugge, tutto si trasforma. Se si pensa bene il 4-3-3 che ha in testa Prandelli ricalca molto il famoso Metodo, inventato dall’ebreo austriaco Hugo Meisl, allenatore del famoso Wunderteam, ma adottato con più successo dall’Italia campione del Mondo nel 1934 e nel 1938 e campione olimpica nel 1936.
Cos’era il Metodo? Il Metodo era un modulo in voga fino agli anni Cinquanta, esso consisteva in una sorta di 2-3-2-3 che perrmetteva agli undici giocatori di coprire razionalmente tutt gli spazi sul rettangolo di gioco. Il Metodo non si applica da più di cinquant’anni anche se de facto l’Uruguay nella sua storia non l’ha mai del tutto abbandonato e in molti hanno fatto notare che il Barcellona di Pep Guardiola abbia applicato una versione moderna di questo sistema di gioco. Anche il boemo Zeman, figlio del calcio danubiano, ha detto di essersi ispirato al Metodo che come il suo famigerato 4-3-3 “copre meglio tutti gli spazi”.
Nei piani di Prandelli davanti a Buffon dovrebbero stazionare i due centrali Bonucci e Chiellini, che assomigliano molto alla coppia di terzini metodisti che utilizzava Pozzo: Foni era un giocatore elegante, una sorta di regista arretrato come Bonucci mentre Rava era un difensore più rude e fisico come Chiellini (o il suo sostituto Barzagli). L’attuale CT azzurro non dispone di terzini di fascia veri e propri perché sia Maggio, Abate che Balzaretti sono giocatori che hanno nelle loro corde la fase di spinta. Quindi i laterali del 4-3-3 prandelliano assomigliano molto ai mediani laterali metodisti, che non erano dei difensori veri e propri ma che erano dei laterali di fascia che rincorrevano l’ala avversaria e rilanciavano l’azione proponendosi in appoggio alle mezzeali.
Veniamo al centrocampo: Pirlo è il classico centromediano, ruolo chiave del metodo, anche se il pragmatico Pozzo preferiva in quel ruolo giocatori più fisici e prosaici come gli oriundi Monti nel ’34 e Andreolo nel ’38. Per quanto concerne la coppia interni, Marchisio e Montolivo, Pozzo utilizzava nella medesima posizione Ferrari e Meazza con alcune differenze: Lo juventino è un incursore mentre Montolivo è una mezzala classica che sarebbe andata a nozze con il Metodo di Pozzo. In attacco accanto al centravanti Balotelli Prandelli ha in mente la coppia di esterni El Sharaawy e Cerci: quest’ultimo è la classica ala come lo era Biavati, l’inventore del passo doppio, o tante altre grandi ali sfornate dal calcio italiano come Conti, Causio, Donadoni, mentre El Sharaawy è più una seconda punta incisiva sotto rete come Colaussi nel 1938, l’ala sinistra azzurra autore di una doppietta nela finale contro l’Ungheria.
Il calcio è come la filosofia di Vico dei corsi e ricorsi storici: alla fine tutto torna e nulla s’inventa, saprà Prandelli replicare, oltre che il modulo, anche i successi di quella mitica e leggendaria nazionale?
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