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Editoriale – Mancini, top manager? No, normal one
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12 anni agoon
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RedazioneRoberto Mancini è stato un grande giocatore che, probabilmente, non ha raccolto proprio tutto quel che meritava o, comunque, poteva, quando ha indossato gli scarpini da gioco. Da allenatore, tuttavia, si continua ad avere limpressione che si sia rifatto con gli interessi. In molti si chiedono sempre più cosa abbia fatto lo jesino per meritare la panchina di un Manchester City che può tranquillamente vantarsi di avere una delle rose più forti dEuropa, e sicuramente la migliore dInghilterra.
Mancini comincia la sua carriera da allenatore alla Fiorentina, nel febbraio 2001, accomodandosi sulla panchina viola tra le proteste di quasi tutti gli altri colleghi che lo vedono come il raccomandato di turno, avendo egli la possibilità di allenare una squadra di Serie A senza possedere il necessario patentino. Nel primo anno a Firenze vince la Coppa Italia, ma il secondo conclude prematuramente, nel gennaio del 2002, con le dimissioni firmate in seguito alle feroci contestazioni del pubblico viola, che non gli perdona laver preso il posto dellamato Fatih Terim, accusandolo peraltro di scarsissima dedizione alla causa viola.
Poco male, il Mancio rimane disoccupato per poco. Dallestate del 2002 a quella del 2004 va ad allenare infatti la Lazio, dove trova un ambiente a lui già ben noto per i recenti trascorsi da calciatore e da vice di Eriksson, stagione dello scudetto compresa. Sono due stagioni di buon livello, che hanno il picco massimo nella conquista della Coppa Italia nel 2004.
Chiusa lennesima parentesi capitolina, per Mancini arriva loccasione della vita, chiamata Inter. Il tecnico rimane in nereazzurro quattro stagioni, dove rimpingua corposamente il palmares con due Coppe Italia (2004/2005 e 2005/2006), due Supercoppe Italiane (2005 e 2006) e tre scudetti (2005/2006, 2006/2007 e 2007/2008). Roba da stropicciarsi gli occhi, se non fosse per una serie di circostanze che è doveroso puntualizzare. Il primo tricolore (2005/2006), giunge a tavolino in seguito ai fatti di calciopoli che non è il caso, qui, di commentare. Gli altri due, invece, arrivano con lInter che non ha di fronte una sola squadra degna di competere con essa in quanto a qualità e quantità degli elementi presenti in rosa. Per la serie: non vincere, sarebbe stata missione impossibile.
Inoltre, in mezzo a tutti questi titoli, non si possono non sottolineare i continui fallimenti collezionati in Champions League, che hanno raggiunto il culmine nella vergognosa rissa scoppiata dopo leliminazione contro il Valencia (marzo 2007), e nella evitabilissima pantomima nella serata post eliminazione contro il Liverpool, in cui Mancini annuncia a gran voce le dimissioni dallInter alla fine di quella stagione. Dichiarazioni pori ritrattate, ma di cui Moratti si ricorda a fine anno, dandogli il benservito in favori di quel Mourinho capace di imprese ben superiori a quelle firmate dal suo predecessore.
Eppure, per lallenatore jesino, loccasione del riscatto arriva presto, ghiotta come mai prima. A convocarlo è il Manchester City che gli fa sottoscrivere un contratto triennale. Di lì a poco lo sceicco Mansur rileva la squadra, e nel corso degli anni investe milioni di milioni di euro nel tentativo di portare i citizens tra le grandi dInghilterra. Tentativo riuscito solo parzialmente e per nulla soddisfacente, considerati gli sforzi profusi e la caratura dei calciatori arrivati al City negli ultimi due anni.
Sotto lera Mancini, difatti, sono arrivate appena una Coppa dInghilterra (2010/2011), una Charity Shield (2012) e una Premier League (2011/2012). Ok, meglio che niente ma, in tutta onestà, davvero troppo poco. Soprattutto se ricordiamo il modo in cui è arrivata la rocambolesca conquista del titolo nazionale lo scorso maggio, con una rosa ben più accreditata di quella allenata dal maestro Ferguson.
Ma il top dei disastri, Mancini, lo sta collezionando in questa stagione, dove è riuscito a far eliminare il Manchester City dalla Champions League, impresa collezionata per il secondo anno di seguito. Ok, il girone con Real, Ajax e Borussia Dortmund era di ferro, ma non qualificarsi neppure in Europa League è una bestemmia impura. Inoltre, come se non bastasse, il City si trova al momento al secondo posto in Premier e ieri, dopo aver avuto loccasione di agganciare la capolista Manchester United nello scontro diretto, ha invece trovato una sconfitta per 3 a 2. Sconfitta per di più registrata tra le mura di casa.
In sintesi, a noi dispiace, perché il Mancio è pezzo di storia del calcio italiano, ma la sua carriera da allenatore, sin qui, sta dimostrando che siamo di fronte a tuttaltro che ad un top manager. I top manager vincono, sempre e comunque. Lo insegnano Capello, Lippi, Ferguson, ed il più fresco Mourinho. Tutto il resto è registrabile alla voce normal one. In attesa, magari, di essere smentiti.
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