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Editoriale Milan – Virdis-gol, e così nacque il grande Milan
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12 anni agoon
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RedazioneIl 15 Maggio di 25 anni fa, il Milan conquistava il primo Scudetto dell’era Berlusconi e inaugurava il suo irripetibile ciclo.
Non erano stati facili, i primi tempi. L’avvento di Silvio Berlusconi alla presidenza del Milan, datato primavera 1986, aveva sì restituito un briciolo di speranza a una tifoseria sconvolta dalla Serie B e dallo spettro del fallimento, ma i risultati tardavano ad arrivare. Così, nell’estate del 1987, deciso al tutto per tutto, il Cavaliere piazzò le zampate decisive. Volò in Olanda e strappò all’Ajax un giovane centravanti dallo stile impeccabile (Marco van Basten), poi partì alla volta di Eindhoven e senza batter ciglio staccò un assegno da capogiro per garantirsi le prestazioni di Ruud Gullit, splendido atleta d’ebano in odor di Pallone d’Oro. Dopodiché portò a Milano un mediano di straordinaria intelligenza tattica come Carlo Ancelotti, ex colonna della Roma, che andava a comporre, insieme agli instancabili Roberto Donadoni, Chicco Evani e Angelo Colombo, un centrocampo in grado di garantire qualità e dinamismo. Quanto alla difesa, beh, probabilmente era il fiore all’occhiello della squadra, con due stantuffi come Paolo Maldini e Mauro Tassotti sulle fasce e gli insuperabili Franco Baresi e Filippo Galli al centro.
E a chi toccò dirigere le danze? Qui venne il bello, perché Berlusconi, affidandosi al fiuto che raramente l’aveva ingannato, andò a prelevare dal Parma, in Serie B, un allenatore di 41 anni deciso a ribaltare i canoni tradizionali del gioco all’italiana. Con Arrigo Sacchi, infatti, tutto cambiò. La mentalità del primo non prenderle e di un calcio basato su difesa e contropiede, venne spazzata via dalle idee innovative del tecnico di Fusignano, il nuovo profeta della difesa a zona, del pressing alto, degli schemi studiati e ristudiati e di un agonismo esasperato.
Era l’alba di una nuova era, per il Milan, segnata dal principio secondo cui nel calcio si vince segnando un gol in più dell’avversario, perché vincere è importante, ma giocare bene, a viso aperto, facendo divertire il pubblico, lo è forse ancor di più.
Nonostante le difficoltà iniziali, dovute alla titubanza del gruppo nell’assimilare i nuovi canoni sacchiani, il Milan prese il volo e diede vita ad un accesissimo duello con il Napoli di Diego Armando Maradona, la grande rivale di quegli anni. Partita dopo partita, gol dopo gol, vittoria dopo vittoria, i rossoneri si misero in scia ai partenopei in fuga e li superarono nell’epico scontro diretto del 1° maggio 1988, con un San Paolo deluso, ma allo stesso tempo così sportivo da applaudire cavallerescamente Gullit e compagni.
La matematica certezza dello Scudetto, per il Diavolo, arrivò il 15 maggio. 25 anni fa esatti. A Como, bastò un guizzo del vecchio ma prezioso Pietro Paolo Virdis per dare inizio alla festa rossonera. E poco importa se, poi, il comasco Salvatore Giunta segnò la rete dell’1-1. La contemporanea sconfitta di un Napoli ormai in ginocchio sanciva il verdetto in maniera inequivocabile. Il Milan era campione d’Italia. Da lì, l’inizio di un ciclo irripetibile, che avrebbe visto nei mesi e negli anni successivi piovere su Via Turati una Supercoppa Italiana, due Coppe dei Campioni, due Supercoppe Europee e due Coppe Intercontinentali. L’Europa e il mondo cinti d’assedio da Arrigo Sacchi e dalla sua corazzata. E la consapevolezza che anche l’utopia, se coltivata con cura, può trasformarsi in dolce realtà.
Luca Gandini
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