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Editoriale Palermo: La… vendetta di Candussio
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11 anni agoon
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RedazioneFino ad ora non s’era mai visto niente del genere nella storia della giustizia sportiva. La vicenda sa di grottesco. Il Palermo, capolista, gioca a Carpi. Dalla panchina ci si lamenta della conduzione del signor Candussio, reo di punire con il cartellino ogni intervento falloso dei rosa e di non usare lo stesso metro con i padroni di casa, e ancor più dell’atteggiamento indisponente del quarto uomo che richiama continuamente Iachini all’ordine innervosendolo. Perinetti sbotta e viene espulso. Candussio punisce con il rigore un fallo di mano, sciocco quanto evidente. La panchina siciliana va in ebollizione e vengono allontanati Iachini e l’accompagnatore Francofonte. Insieme a Daprelà autore del fallo, per doppia ammonizione.
Termina la partita, con la sconfitta dei rosa e ben quattro espulsi tra campo e panchina (più vari ammoniti). E’ la peggior gara giocata dai rosanero, meritevoli della sconfitta e la dirigenza che fa? Invece di incassare e portare a casa, con stile, sottolineando le proprie pecche, scarica ogni colpa sull’arbitro. Perinetti – la cui reazione poteva essere comprensibile a caldo, non certo a ore di distanza del fischio finale – minaccia e poi emette un durissimo comunicato. Quindi presenta reclamo chiedendo la ripetizione della partita. Perché? Perché l’arbitro avrebbe diretto contro il Palermo per malanimo personale. E su cosa si basa il risentimento? Chiarisce Zamparini, cui mancava quest’ultima perla: “Il padre di Candussio era un mio dipendente che ho licenziato, quindi il figlio ha voluto vendicarsi contro di me. A ricordarmi il fatto è stato il sindaco di Sevegliano, mio amico”. Incredibile. Più tardi arrivano le smentite. In realtà, il padre di Candussio, ex capo ufficio tecnico comunale, aveva lavorato per una ditta che aveva a sua volta collaborato con il gruppo di Zamparini e non direttamente alle sue dipendenze. Inoltre, chi aveva messo la proverbiale pulce nell’orecchio di Zamparini non era il sindaco, ma l’ex sindaco.
Malgrado tutto, Perinetti mantiene il ricorso. A Palermo-città, gli umori sono divisi, ma prevale la presa di distanze dall’azione della società. Tifosi sì, ma fino ad un certo punto! Non è serio, per una squadra che vuol vincere il campionato, celebrare processi alle intenzioni lamentandosi con l’arbitro in una gara contro un avversario più debole e dopo una prestazione inguardabile che il buon gusto avrebbe consigliato di archiviare quanto prima. Il rigore è apparso netto e comunque è il primo contro il Palermo. Ultimamente i rosa hanno subito decisioni negative, è vero, ma in precedenza avevano usufruito di sviste arbitrali a loro favore. Candussio aveva già diretto i siciliani e non aveva compiuto particolari misfatti. E se Zamparini lo credeva in potenziale conflitto d’interessi, perché non l’ha ricusato prima della gara? Forse perché pensava di trarne qualche utilità, ovviamente inconscia (i due sono praticamente compaesani)? I rischi di un simile comportamento, caro Zampa, sono superiori ai (potenziali) vantaggi.
Di ripetere la partita non ci crede neppure Perinetti che l’ha chiesto. La (supposta) malafede di Candussio è di fatto indimostrabile e l’intera classe arbitrale nel suo complesso potrebbe reagire negativamente, irrigidendosi ancor più. La simpatia che finora ha accolto i rosanero nel loro girovagare per l’Italia della B, andrebbe a farsi benedire. Caduta di stile a parte. Ma si sa, quando c’è Zamparini in mezzo, l’autolesionismo è sempre di casa…
Antonino Pavone (www antoninopavone it)
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