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Editoriale Roland Garros – Camila Giorgi non ha alternative alla forza bruta
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10 anni agoon
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RedazioneIl tennis di Camila Giorgi è da riportare su foglietto di carta da infilare nel taschino della giacca di Sigmund Freud. La giocatrice di Macerata cresciuta in Argentina è stata eliminata da Svetlana Kuznetsova, ex n.2 al mondo nonché vincitrice di due prove Slam e finalista allo US Open 2005 contro Amélie Mauresmo (che radiospogliatoio accosta come futura allenatrice di Andy Murray). Camila ha perso perché ha giocato all’attacco sfrenato dal primo all’ultimo scambio e senza un minimo di criterio: avere vent’anni porta a questa spregiudicatezza ma nel tennis – come in ogni sport agonistico – si vince anche con il piano di riserva.
Tirare sempre forte è un’idea che può dare i suoi risultati quando si è al massimo della condizione psico-fisica: in quelle circostanze Camila diventa talmente pericolosa al punto d’impensierire anche le migliori tenniste. Però, quando la mattina ci si sveglia male o col piede sbagliato dal letto sapendo che al pomeriggio si gioca, è opportuno compiere un esame di coscienza e riflettere su come entrare laggiù, in quella fossa rossa. Il tennis della Giorgi non prevede cambi d’impugnatura, la manovra più semplice che consente di rallentare il ritmo con palle corte, drop-shot, smorzate e colpi affini. È fuor dubbio che sia interessante pulire le righe con un lungolinea di dritto tirato a centocinquanta orari, ma ogni tanto va anche provato uno schema!
La Kuznetsova, una tennista che a inizio carriera sembrava uno sparapalle impazzito, si è limitata a giocare di rimessa, allentando i colpi di mortaio che piovevano da fondo campo. Camila ha chiuso con 50 errori gratuiti (ma anche l’astronomica cifra di 40 vincenti), otto doppi falli e una percentuale di punti conquistati con la seconda di servizio pari al 36%. Statistiche folli. La nostra tennista ha la fortuna di essere giovanissima e, al pari di Quinzi fra i maschi, rappresenta la speranza italiana: perciò è quasi giusto che sbagli con la propria testa, ma attenzione a non bruciare in fretta una carriera promettente.
Il padre-allenatore è una mossa vincente in questo sport, e di esempi ce ne sono a josa: ma talvolta è anche bello sentire qualcuno recitare il mea culpa e compiere un passo indietro affidando la propria figlia a un vero allenatore che sappia far sbocciare questo fiore acerbo.
Alessandro Legnazzi
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