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Editoriale – Sno, la tragedia sfiorata ed i medici italiani
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12 anni agoon
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RedazioneQuanto accaduto nella giornata di ieri ad Evander Sno deve far riflettere, ed anche parecchio. Riepiloghiamo brevemente per chi si fosse perso la triste vicenda: Nelle scorse ore il centrocampista del Nec Nijmegen, Sno, è stato colpito da un arresto cardiaco durante la partita di Eredivisie contro il Feyenoord. Sno si è salvato grazie al defribrillatore installato all’interno del suo corpo. Difatti Evander, già nel 2010, aveva subito un primo arresto cardiaco durante una partita di calcio: allora militava nella squadra riserve dell’Ajax, contro il Vitesse, ed il defibrillatore presente a bordo campo era stato mezzo decisivo per salvarlo.
Nonostante avesse rischiato la vita, Sno di ritirarsi non volle saperne, così, per non constrigerlo a rinunciare al suo sogno, gli fu impiantato un defibrillatore interno. Defibrillatore che, poche ore fa, ha fatto il suo dovere, salvando la vita al 25enne centrocampista. L’intervento dell’apparecchio ha causato un’aritmia al ragazzo, che è stato di conseguenza ricoverato e tuttora viene tenuto sotto osservazione. Essere uscito dal campo sulle proprie gambe ed aver vinto ancora una volta le bizze del proprio cuore rappresentano, per Sno, il lato positivo di un episodio davvero infelice.
Molti non sono a conoscenza di un episodio particolare e parecchio indicativo. Sno, nell’estate appena trascorsa, fu sul punto di approdare al Genoa. Anzi, l’accordo tra la società ligure e l’Rkc Waalwijk (club che deteneva il cartellino dell’olandese) era stato di fatto raggiunto. Accadde però che le visite mediche diedero esito negativo: i problemi cardiaci del ragazzo, per i dottori del Genoa, rappresentarono un ostacolo troppo grande per potergli concedere l’idoneità agonistica. Così Sno approdò al Nec Nijmegen, ed il resto è storia recentissima.
Quello di Sno, tuttavia, non è un caso isolato nel nostro paese. Evento analogo, in Italia, si è verificato nell’estate del 2003, quando l’Inter tesserò il senegalese Khalilou Fadiga. Le prime visite mediche diedero esito positivo per la salute del ragazzo ma, successivi esami più approfonditi, riscontrarono anomalie cardiache che consigliarono ai medici nerazzurri di imporre lo stop al giocatore africano. Fadiga come spesso, comprensibilmente, capita, volle continuare a giocare, cosa che fece dalla stagione successiva al Bolton. In Inghilterra, ed in molti altri paesi, sono più permessivi nel dare l’ok del caso. La sua carriera è terminata nel 2009 fortunamente senza ulteriori complicazioni. Ma sono chiari i rischi che Fadiga, nei vari anni, ha corso.
Qui da noi, alla recente morte di Morosini, il tema della sicurezza, in termini di salute, dei calciatori è riesploso, con tutto il carico di emotività figlia dell’enfasi del momento. Vero è che la morte del caro Piermario ha alcuni aspetti al momento poco noti e che si ha il dovere di approfondire fino a che ogni cosa non verrà accertata con il massimo grado di veridicità possibile. Vero è anche che a bordo di ogni campo di calcio dovrebbe esserci un defibrillatore, partendo dalla Serie A e finendo con la terza categoria. Tuttavia, va sottolineato il lungimirante lavoro che i medici delle società sportive di calcio eseguono, nel nostro paese, in questo tipo di situazioni. Ed il livello di guardia va innalzato il più in alto possibile. Soprattutto all’estero dove, da alcune parti, il lasciapassare per la carriera agonistica viene concesso, forse, troppo semplicisticamente. Perchè un conto è la disgrazia figlia dellla fatalità ed impensata. Altra cosa è invece quella figlia dell’incuria e della superficialità.
Inoltre, c’è un altro aspetto, di carattere psicologico, che va preso in considerazione. I calciatori che vengono a sapere delle malformazione cardiache, di determinati difetti congeniti, devono avere la forza di rinunciare al calcio. E’ una scelta dolorosa, perchè viene mutilata la passione di una persona che ne è riuscita a fare il proprio mestiere. La propria vita, però, è un bene che va oltre ogni cosa, e bisogna tutelarla nel miglior modo possibile.
Un giorno, vorremo non sentire più parlare di Feher e Foe, e neppure di Muamba e Sno. Come detto sopra, delle volte il destino non può essere vinto, ma bisogna far di tutto per ridurre al minimo i rischi del caso.
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