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Editoriale – Lo sporco lavoro di essere centravanti
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12 anni agoon
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RedazioneIl ballo delle punte, potrebbe essere titolo adatto per uno dei capitoli del calciomercato estivo che ha chiuso i battenti meno di una settimana fa. A tal proposito, vogliamo concentrarci adesso su tre nomi: Amauri, Gilardino, Borriello. Cos’hanno in comune i tre, a parte la voglia di dimostrare al mondo di essere ancora dei bomber veri? La risposta è abbastanza semplice: sono tutti reduci da esperienze poco esaltanti in piazze di un certo spessore.
Amauri, negli anni di Palermo, fu accostato addirittura a Drogba. Vera forza della natura, scardinava le difese da solo, ed in Sicilia divenne re. Passato alla Juventus, dopo un primo anno tutto sommato positivo, si perse nei meandri di stagioni sfortunate, infortuni più o meno lunghi, ed ebbe a che fare con una crisi apparentemente interminabile. Unica luce, i sei mesi vissuti in prestito a Parma, nella prima metà del 2011, dove Amauri tornò il gladiatore che tutti conoscevano. Adesso il ritorno in Emilia, con la voglia di far esplodere ancora il Tardini.
Alberto Gilardino a Parma imparò a suonare il violino e gli avversari. Oltre 50 goal segnati in tre anni, e l’approdo in una delle big italiane: il Milan. La maglia rossonera, col tempo, diventava sempre più pesante, San Siro non perdona facilmente, e Gila andò a cercar gloria in quel di Firenze. Altra piazza esigente assai. Alberto tornò a suonare e segnare come ai tempi di Parma, e per due anni filò tutto liscio. Poi il buio, apparantemente inspiegabile, e l’esilio temporaneo a Genova, sponda rossoblu, occasione per un altro fallimento. Adesso il prestito a Bologna, dove si son rilanciati in grande stile calciatori del calibro di Baggio e Di Vaio. Un treno che minaccia di non passare mai più, e che Gila deve prendere al volo
Marco Borriello ha una storia un po’ diversa. Pareva destinato al ruolo di eterna promessa. Poi arrivò l’anno magico al Genoa, dove non fece rimpiangere un certo Diego Milito, dopo il quale andò a reimpossessarsi del suo Milan. Un anno di buona fattura in rossonero, poi l’arrivo di Ibrahimovic e la cessione inevitabile alla Roma. Nella capitale visse una stagione tra alti e bassi ma con 11 goal segnati, poi più il nulla. Sei mesi alla Juventus, un goal dal peso specifico importantissimo per il tricolore bianconero, e adesso il ritorno nella città della lanterna. Con un macigno enorme nelle scarpe da togliere ad ogni costo.
Chissà se questi tre ragazzi sono stati vittime di coincidenze sfortunate, se hanno pagato l’eccessivo ostraciscmo nei loro confronti, se son capitato al posto giusto nel momento sbagliato, oppure ancora se il loro carattere li ha imprigionati, rendendoli insofferenti alle pressioni di ambienti troppo esigenti per chi, in fondo, vorrebbe solo giocare e calcio e farlo in tutta tranquillità. Del resto, stiamo parlando di tre centravanti che, seppure con discontinuità, hanno dimostrato di avere doti importanti. Sapranno svelarle, di nuovo, al mondo esterno? Oppure, ancora una volta, i goal lasceranno spazio ai ricordi? Tra qualche mese ne sapremo di più, quel che è certo è che, delle volte, fare il centravanti è proprio uno sporco lavoro…
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