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Editoriale – Se son rose..
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12 anni agoon
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RedazioneUn campionato impoverito dalla partenza di tanti assi stranieri rende più povera tecnicamente anche la Nazionale? La domanda, tanto più alla luce di quanto visto in Bulgaria, trova la legittimità nella considerazione che nei primi 180 la serie A è venuta alla ribalta soprattutto per il numero di italiani scesi in campo. Un numero inconsueto, rispetto al passato, che ha fatto meravigliare molti ed esaltare alcuni, quelli che cercavano finalmente nel campionato italiano loccasione giusta per fare venire alla luce i giovani talenti nostrani.
Visto che la matematica non è unopinione, lequazione rischia di coinvolgere anche la squadra azzurra: un campionato ricco di italiani e più povero di talento rispetto al passato rischia di dare alla Nazionale un serbatoio di qualità minore dal quale pescare.
In passato si è sempre gridato allo scandalo per quanto i giovani giocatori italiani fossero poco impiegati dagli allenatori, soprattutto ad alto livello. Contemporaneamente, però, veniva sottolineato il fatto che allenarsi e giocare (ogni tanto) accanto ai più bravi fosse la strada migliore per imparare i cosiddetti trucchi del mestiere e, magari più avanti, farsi trovare pronti alla grande ribalta.
Oggi molti dei campioni stranieri che affollavano la serie A hanno preso direzioni diverse. Venute a mancare le loro giocate, resta lo spazio per poter utilizzare di più (e meglio) i giovani, tanto meglio se italiani, che non hanno bisogno di periodi di assestamento, non rischiano di soffrire di saudade e, in molti casi, hanno alle spalle perlomeno 2-3 anni di cadetteria nella quale si sono fatti le ossa.
Per far sbocciare la qualità di questi giocatore, però, ci vuole del tempo. Bisogna aspettarli, magari coccolarli un po, senza dubbio continuare a puntare su di loro. Tanto nel proprio club di appartenenza quanto in Nazionale, che altro non è che lo specchio di quanto avviene sui campi di serie A.
Cesare Prandelli tutto questo lo sa ed è anche per questo che è rimasto stizzito dal fatto che la prova in Bulgaria lhanno steccata più i veterani che i giovani sui quali ha deciso di puntare. Perché i giovani comunque ci mettono buona volontà, nonostante una forma fisica magari precaria (siamo pur sempre a settembre) e lacclarata mancanza di esperienza con la quale sopperire ai momenti difficili.
La risposta alla domanda più importante è dunque positiva: un campionato di minore qualità lascia una Nazionale di minore qualità. Ma solo finché questa non sboccerà definitivamente. Per fare questo, occorre pazienza da parte di tutti. Dei tecnici, che devono continuare a sperimentare, e degli addetti ai lavori, chiamati a non bruciare i giovani con giudizi troppo affrettati e fuori dal contesto. Se son rose fioriranno. Lasciamogli il tempo di farlo.
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