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GARBAGE TIME – 1984, Sam Bowie e la peggiore scelta al draft di tutti i tempi!
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11 anni agoon
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Redazione![Calcissimo image placeholder](https://www.calcissimo.com/wp-content/uploads/2023/11/calcissimologobiancoconsfondo_01-1-1.png)
“With the second pick, in the 1984 NBA draft, Portland, select: Sam Bowie..”
(Pausa scenica. Se conoscete la storia, starete osservando un minuto di silezio..)
La voce è quella di David Stern, commissioner della NBA, l’anno, ovviamente, il 1984 (Il “Grande Fratello” di Orwell, per fortuna, non esiste, e quello che conosciamo noi, arriverà, purtroppo, solo qualche anno dopo), la location, il Madison Square Garden di New York, il motivo: il draft della NBA (l’ultimo ancora deciso dalla monetina, prima dell’introduzione della “Draft lottery”).
I Portland Trail Blazers, hanno appena comunicato al commissioner che la loro scelta sarà: Sam Bowie, il centro dell’università di Kentucky. Bowie, nato a Lebanon, Pennsylvania, è considerato da tutti gli addetti ai lavori, come il secondo miglior giocatore del draft. Meglio di lui, c’è solo Hakeem Olajuwon (giustamente ribattezzato Hakeem “The Dream”), un nigeriano naturalizzato americano, che aveva dominato con l’università di Houston, e che infatti era stato scelto con la chiamata numero 1 dai Rockets, che a Houston ci giocano.
Bowie avrebbe tutto per fare bene nella NBA, un fisico eccezionale (216 centimetri per 107 chilogrammi), spirito da combattente, al punto di finire sulla copertina di Sports Illustrated, ed una invidiabile gamma di movimenti offensivi che gli consentono di battere regolarmente il proprio marcatore. L’unico dubbio, riguarda la tenuta fisica del ragazzo. Già negli anni del college infatti, i continui problemi ad una tibia, gli avevano fatto saltare la bellezza di due stagioni, intere! Rientrato dall’infortunio, non è più lo stesso giocatore: più lento, impaurito (e come non esserlo), e decisamente meno esplosivo, ma nonostante questo, Stu Inman, general manager dei Blazers, vuole scommettere e puntare su di lui. Ora, una scommessa, in quanto tale può essere vinta o persa, chiedere a chi derise Phileas Fogg, per maggiori informazioni, e i Blazers quella scommessa la perdono eccome..
“With the third pick in the 1984 NBA draft, Chicago select: Michael Jordan”.
(Ora capite il perché della pausa scenica. Se non lo avete fatto prima: minuto di silenzio).
La voce è sempre quella di David Stern, l’anno ovviamente, sempre il 1984, ed anche la location è la stessa. Sono passati solo pochi minuti, e come prevede il regolamento del draft, ora è il turno dei Chicago Bulls per scegliere il proprio giocatore. Jerry Kruse, il general manager, è visibilmente seccato: anche lui avrebbe voluto Sam Bowie, consapevole che tanto Olajuwon sarebbe finito a Houston, ma Portland lo ha già chiamato! Kruse, decide quindi di scegliere il miglior giocatore rimasto nel lotto, un giovanotto di 198 cm, dall’università di North Carolina, appena nominato “Naismith College Player of the Year”, Michael Jeffrey Jordan. A proposito di scommesse perse o vinte, in questo caso, possiamo tranquillamente affermare che Chicago, con questa chiamata, abbia fatto “Jackpot”.
L’impatto di Jordan, non solo sulla franchigia, non solo sulla NBA, non solo sul basket, ma sullo sport in generale, è noto a tutti. Come per Copernico, qualche secolo prima, dopo il suo avvento, tutto quello in cui si era precedentemente creduto, viene improvvisamente spazzato via.
Note a margine:
-Il draft del 1984, viene considerato insieme a quello del 1996 (Iverson, Marbury, Allen, Bryant, Nash) ed a quello del 2003 (James, Anthony, Bosh, Wade), il draft più ricco di talento di tutti i tempi grazie anche alla presenza (oltre che di Olajuwon e di Jordan) di altri futuri “Hall of famers” come: Barkley e Stockton.
-In quel draft, al decimo giro (si a quei tempi non ci si fermava al secondo), venne scelto, sempre da Chicago, anche la leggenda dell’atletica leggera Carl Lewis, che però non disputò mai un solo minuto in NBA.
-Nel 2005 Sports Illustrated, ha nominato la scelta dei Portland Trail Balzers del 1984 come la peggiore nella storia dello sport professionistico americano. Lo stesso Bowie nel 2012, in un documentario prodotto da ESPN, (“Going Big”) ha ammesso di avere nascosto i suoi problemi fisici al momento della firma con i Blazers, dichiarando di non avvertire alcun fastidio alla tibia, quando questa in realtà era ancora parecchio dolorante.
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